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La nostra provincia, con le sue montagne, le città e le fabbriche col porto, ha costituito un concentrato emblematico di una lotta cominciata dagli oppositori al fascismo e conclusa dopo oltre 20 anni di dittatura, 5 anni di guerra e 20 mesi di lotta al nazifascismo. Tutti luoghi che ci ricordano chi é stato ucciso per aver creduto in un mondo libero per tutti.

Ci rivolgiamo in particolare a chi è sopravvissuto a quella lotta, voi che avete saputo scegliere, per l’interesse della collettività. A voi che ogni anno avete ricordato, e noi con voi, i vostri compagni caduti vogliamo dire tante cose, ma ne basta una sola: grazie.

In quegli anni eravate giovani e pieni di vita, molti di voi , molti di loro, avevano meno di vent’anni, tanti erano solo poco più che ragazzi, ma la libertà vi è venuta a cercare. Era stanca di morire calpestata ogni giorno, moriva nelle notti buie accese dai bombardamenti che causavano morte e distruzione o nelle cascine e nei villaggi incendiati per rappresaglia; era stanca di morire nelle valli e nei nei luoghi di lavoro, che hanno pagato un caro prezzo alla lotta per il riscatto del nostro Paese. La libertà moriva nei vagoni piombati che partivano per i campi di concentramento, moriva tra le pareti della Casa dello Studente, nelle celle di tortura nazifasciste e in ogni muro, bagnato dal sangue di tanti innocenti.

Noi vi diciamo grazie, perché avete scelto la strada giusta e vi siete battuti per ridarci libertà e dignità, per rendere l’Italia un Paese civile. Voi avete combattuto, ma da uomini e donne liberi, per costruire le basi di un futuro nuovo. Non vi siete arresi e vi siete rialzati anche dopo i colpi subiti, anche quando avete visto cadere molti vostri compagni, o li avete visti caricare sui treni, e avete continuato a combattere anche per loro. Vogliamo dire grazie a coloro che hanno sacrificato non solo la giovinezza, ma anche la vita. A voi diciamo: Noi siamo anche figli vostri, perché figlie e figli della libertà che ci avete consegnato in dote.  Grazie!

Per questo, nel ricordare chi è morto a Cravasco, a Portofino, alla Benedicta, al forte di San Martino o di san Giuliano, in piazza Baracca, alla Casa dello Studente o a Rocca dei Corvi, al Turchino, quelli “del panino e della Mela” a Rossiglione, a Calvari, alla Gattea, a Masone, a Barbagelata, a Isoverde, al Righi, nei campi di concentramento come i lavoratori deportati o nelle carceri, ecco dobbiamo sapere che li, sì anche li, c’è la storia della nostra Repubblica e affondano le radici della nostra libertà.

Troppi nel Paese hanno trascurato quei valori, che sono più che mai attuali

proprio durante l’emergenza Coronavirus di queste settimane: abbiamo visto come unità, solidarietà e impegno collettivo siano stati fondamentali per affrontare questa battaglia che ci ha visti, l’insieme delle generazioni e del Paese, rispondere uniti e coesi.

Abbiamo capito che non è tutto dovuto o scontato e siamo tornati, dobbiamo farlo tutti, a pensare al futuro in un’altra maniera, lasciando da parte un modello di vita basato sul consumo all’eccesso. Ci siamo trovati nel riscoprire in questo frangente, chiusi in casa, il valore pieno di famiglia, dell’amicizia e anche del vicinato, cantando a squarciagola da una finestra come faremo anche il 25 aprile intonando “Bella ciao”.

Molti con papa Francesco, in quella piazza deserta che rendeva la sua figura ancora più grande per il messaggio che dava, forse hanno riscoperto un Dio più vero, che prima credevano di interpretare a loro uso e consumo. Molti hanno scoperto o riscoperto il valore di essere comunità nazionale attraverso l’esempio e l’impegno del presidente Mattarella, figura straordinaria che davvero interpreta l’unità della Nazione,  il quale ci ha ricordato in un discorso che “è sempre tempo di Resistenza”. Non era una frase retorica, specie in questa fase della vita del Paese.

Questo ha ancora più valore oggi, nei giorni convulsi e drammatici, pieni di dolore e di lutti che stiamo vivendo, nei quali però emerge il meglio della maggioranza del nostro popolo: non solo medici, infermieri o il personale tutto del comparto sanitario, ma anche il mondo del volontariato, delle Pubbliche Assistenze, quell’insieme del mondo del lavoro che si fa carico di far funzionare il Paese, dalle Forze dell’Ordine, ai trasportatori, allo stesso personale dei negozi o dei supermercati, a chi fa funzionare il trasporto pubblico o le farmacie e gli stessi giornalisti, o chi distribuisce cibo a chi non ne ha ed è senza casa. Grazie ad un virus cosi piccolo in molti abbiamo capito che non è il denaro o il potere, ma è la vita il bene più prezioso e questo vale per tutti, indipendentemente dalla propria condizione economica o sociale.

Il dopo non sarà facile, perché nonostante si dovrebbe essere tutti uniti per superare la crisi, c’è chi continua a sommergerci di notizie false e a  fomentare odio o demagogia ignorando gli interessi generali del Paese. Per questo le Istituzioni della Repubblica, e chi le rappresenta, hanno il dovere morale, prima che politico, di partire da quei valori e dalla Costituzione nel loro agire quotidiano, poiché nel loro rispetto risiede il valore fondante del nostro vivere civile e della nostra democrazia!

Tutto questo è lontano dal ricordo del 25 aprile? No, tutt’altro. E’ quella generazione che ci ha insegnato a ragionare e capire, ad agire e non delegare, a  progettare insieme, per evitare che pochi altri progettino al posto nostro: oggi non è tempo  di rinunce o disimpegno. Loro che, appena finita la guerra, gli stessi che avevano conquistato la libertà o l’avevano sognata dietro il filo spinato, partivano da idee diverse ed erano di ceti e ideali politici differenti, ma seppero, pur scontrandosi, mantenere un rispetto di fondo e lavorare insieme per il prodotto più alto della lotta di Liberazione: la Costituzione. In essa si sono ritrovati donne e uomini che scrissero, da Costituenti, quelle regole che avevano sognato negli anni bui della guerra e della dittatura.

Ricordare tutto questo non vuol dire rievocare una storia lontana. I principi di quella lotta contengono i valori dell’eguaglianza dei cittadini e la loro pari dignità al di la della loro condizione sociale, della razza, del sesso, dal credo religioso. Un bagaglio ideale e morale, che ha permesso alla nostra generazione di affrontare i momenti difficili della vita del Paese. E ancora oggi vogliamo contare e giocare fino in fondo il nostro ruolo di cittadini. E’ arrivato il momento di provare a fermarsi e a pensare a tutte le occasioni perse e al fatto che dopo, perché prima o poi arriverà “il dopo”, niente potrà essere come “il prima” e tanto meno potremo dire “dove eravamo rimasti” e ripartire come se nulla fosse stato. Serve un punto di riferimento chiaro, una bussola cui chiunque abbia a cuore il futuro del Paese possa fare riferimento.

Ecco perché bisogna partire dalla Costituzione, da quei valori, per i quali i nostri padri non hanno potuto vivere la loro giovinezza e molti dei loro compagni hanno sacrificato la vita. In questo c’è la strada per la ricostruzione, non solo dell’unità nazionale, ma  anche di una nuova moralità ed etica pubblica. Insomma, noi intendiamo la Costituzione non solo come memoria, ma come programma per il futuro, perché va applicata nella sua interezza. Pensiamo in particolare al diritto al lavoro, specialmente oggi, di fronte al dramma di chi, per gli effetti della pandemia, ha perso o vede a rischio il proprio reddito, perché nessuna rinascita o ripresa economica sarà concepibile senza una giusta condizione di vita nel posto di lavoro o nella società. Perchè una società che non rispetta chi lavora e il frutto della sua fatica e della sua intelligenza è più ingiusta, più crudele, meno libera. Garantire che il lavoro sia sicuro è la condizione primaria per restituire al lavoro dignità e per godere della libertà e utilizzarla al meglio. E’ lo stesso primo articolo a ricordarcelo.

Ci raccogliamo ogni anno davanti alle lapidi e oggi lo possiamo fare solo in modo virtuale, col pensiero e col cuore. I nomi scolpiti nel marmo anche del Ponte Monumentale sono davvero tanti: sono volti, sentimenti, sogni sul futuro dopo la guerra e il fascismo. Pensiamo a quelle donne e a quegli uomini: sembrano silenziosi e muti, ma non è così. Ogni volta che leggerete quei nomi ricordate che è come se gridassero per ricordare a tutti le loro ragioni, i loro progetti, le speranze per cui hanno dato la vita. Chi è sopravvissuto alla guerra, la generazione dei nostri padri e delle nostre madri, i loro compagni di lotta, cedono naturalmente al tempo, se ne vanno con i loro ricordi, con i loro errori, anche con le loro delusioni, perché non era certo questa l’Italia che volevano.

Noi dobbiamo continuare nel loro impegno. Perciò diciamo a tutti noi di continuare a ricordare gli eventi e i tanti sacrifici che sono costati vite umane, lutti, ma che ci hanno portato a conquistare la libertà e a scrivere la Costituzione. Insieme però al ricordo serve l’impegno morale e civico, specialmente di fronte ai giorni futuri che ci attendono che potranno essere pieni di difficoltà ed insidie. Ecco il senso di continuare a lottare per difendere e soprattutto applicare la nostra Costituzione. Perché in essa affondano le radici della nostra libertà e contiene tanti di quei sogni che, se ci pensate bene, costituiscono ancora tanta parte del nostro futuro.