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Non ci giriamo intorno. Anche tra gli iscritti alla Cgil c’è chi sostiene le ragioni del governo giallo-verde, c’è chi lo ha votato e c’è chi ne condivide lo spirito e le modalità.

Non è una novità. È da tempo che un pezzo importante della nostra base di rappresentanza si è spostata dai partiti di centro-sinistra a quelli più a destra, oggi definiti a torto o a ragione sovranisti e populisti.

Elettori della Lega e dei Cinque Stelle sono tra i lavoratori – nelle grandi fabbriche, nelle piccole e medio aziende, negli uffici, nelle corsie degli ospedali, nei centri commerciali – e anche tra i pensionati.

Le motivazioni sono molteplici, prima fra tutte quella di non essersi sentiti rappresentati e tutelati dalle politiche messe in atto in questi anni dalla sinistra.

Di certo c’è che un peso rilevante ce lo ha avuto la crisi che ha minato le certezze, che ha ridotto i diritti dei cittadini e che non è stata ancora risolta.

Ma non possiamo negare che un impatto determinante lo ha avuto anche la questione migratoria, la paura del diverso e l’agitato pericolo di un’invasione di immigrati nel nostro paese che però sappiamo essere molto più percepita che reale.

Mi capita sempre più spesso di partecipare ad assemblee dove ci sono pensionati che parlano del loro senso di insicurezza e delle diffidenze che hanno nei confronti di chi viene da lontano scappando da guerre, fame e miserie.

Sollevano problemi reali, parlano del degrado delle loro città, denunciano di sentirsi soli e vulnerabili, chiedono che l’immigrazione sia controllata e governata.

Nella stragrande maggioranza dei nostri iscritti prevale una condanna e una presa di distanze dalle parole e dagli atteggiamenti del Ministro degli Interni Matteo Salvini. Dobbiamo però essere anche consapevoli che c’è anche chi ne condivide gli obiettivi, le modalità e il linguaggio. Non possiamo e non dobbiamo mettere la testa sotto la sabbia, ma affrontare quindi il problema per quello che è.

Dobbiamo tornare a svolgere un ruolo – che in parte abbiamo sacrificato in questi anni – di orientamento sui valori della giustizia sociale, dell’uguaglianza e della solidarietà nei confronti di chi si iscrive alla nostra Organizzazione. Le loro paure vanno ascoltate, guidate e incanalate ma dobbiamo sbarrare nettamente la strada al razzismo e all’intolleranza.

Questo significa tornare a parlare con le persone, incontrarle, spiegarsi, discutere con loro. Anche aspramente. Anche a costo di non capirsi. Anche a costo di perdere qualche iscritto.

Lo dico senza paura di essere smentito: quello che sta succedendo sull’immigrazione non è degno di un paese civile. Il problema non è il singolo, non è la persona di Salvini, ma l’azione del governo stesso. Perché ricordo a tutti che il governo è uno solo e non ci sono i buoni da una parte e i cattivi dall’altra.

Serve una reazione e serve soprattutto tornare a guardarsi negli occhi. Questo è quello che dovrebbe fare un Sindacato ed è questo quello che ricominceremo a fare.

È partito da poco il Congresso della Cgil. Da settembre in poi ci saranno decine di migliaia di assemblee con i lavoratori e i pensionati in tutto il paese. È un’occasione preziosa e unica che non va sprecata. Non commettiamo l’errore di guardare solo al nostro ombelico. Sfruttiamola per riprendere il filo dei valori su cui si basa la civile convivenza, la nostra Costituzione e anche l’adesione alla Cgil.

Abbiamo una responsabilità grande, un ruolo importante e la possibilità di incidere. È ora che questo ruolo lo giochiamo a pieno, a viso aperto e senza tentennamenti. Di fronte all’odio, alla violenza, al razzismo e all’intolleranza non possiamo più permetterci di essere neutrali.

Ivan Pedretti, Segretario Generale Spi Cgil Nazionale