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Vivere in strada al tempo del covid

Si fa presto a dire “state a casa”, quando è proprio la casa che non c’è?
Molti sono i senza fissa dimora che in questi giorni devono superare difficoltà ancora più gravi del solito.
Ce ne parla Maurizio Sala, volontario della Comunità di Sant’Egidio di Genova, che accoglie uomini e donne che vivono in strada. “Attualmente la Comunità ne sta seguendo un centinaio, offre loro un pasto e prima del corona virus anche una doccia, ora non è più possibile”.
Ci racconta che la situazione è molto cambiata, le persone che in qualche modo prima trovavano una sistemazione, anche molto precaria, adesso sono completamente allo sbaraglio.
“Prima potevano utilizzare un posto per dormire nel corridoio di una abitazione, ma ora nessuno è più disponibile a fornire questo aiuto, come del resto anche l’elemosina è sparita. Le rosticcerie, i panifici che a fine giornata regalavano i prodotti invenduti ora sono chiusi, così come i bar che la mattina potevano offrire un cappuccino e davano la possibilità alle donne di poter andare in bagno, potersi lavare un pò, ora hanno le saracinesche abbassate”.
Soprattutto le donne homeless stanno vivendo una condizione disperata che si va ad aggiungere ad un disagio esistenziale molto pesante.
I volontari della Comunità fanno il possibile per non lasciare da solo nessuno, in queste settimane con l’associazione Agorà e il Comune hanno destinato l’Ostello della città e il Massoero ad accogliere questi uomini e donne che vivono in strada, ma i posti non sono sufficienti.
“Le loro sono da sempre vite invisibili – conclude Maurizio Sala – perse tra la gente che si affolla nelle strade, ma ora che queste strade sono rimaste vuote, il silenzio si fa ancora più assordante e la solitudine più insopportabile, anche di loro dobbiamo farci carico, con una cura prodiga di sostentamento e ascolto e non dimenticarcene nemmeno dopo”.

A cura dell’Ufficio Formazione Cgil Genova e Liguria