image_pdfimage_print
Il tempo che si vive, tempo delle grandi contraddizioni. Nord e sud del mondo, centro e periferia, dentro o fuori. Tra chi ha e chi non ha, chi può e chi non può. Chi potrebbe avere ma non ha. Senza interrogarsi sulle cause di queste disuguaglianze sociali.
L’Europa – nata dalla tragedia della seconda guerra mondiale – ha riscoperto vocaboli dello scorso secolo, l’ideologia razzista, il pregiudizio sul colore della pelle, ammantandoli di necessaria sicurezza, controllo dei confini, in contraddizione con il Manifesto di Ventotene.
Sovranismo, modernità e neocolonialismo: si inseguono in un vortice mediatico quotidiano della falsa emergenza dei migranti.
Terreno fertile su cui misurare l’incapacità di una certa politica a risolvere alla base il problema dell’accumulazione originaria del capitale, dell’uso delle risorse e delle materie prime in un rinnovato rapporto con i Paesi in via di sviluppo.
La vera emergenza è la creazione razziale e xenofoba della falsa emergenza dei migranti.
I dati ci dicono che i migranti giunti in Italia e in Europa si sono ridotti di numero; lo spazio che questo argomento occupi sia straordinariamente egemonico nella comunicazione.
Non è lo straniero in sé il problema ma l’incapacità di cogliere il meglio da questo fenomeno in un quadro sociale travagliato dalle politiche di austerità che hanno impoverito il mondo del lavoro e pensionati mettendo in discussione i livelli di welfare raggiunti: dai servizi alle pensioni, dal lavoro al sanità e contribuendo ad alimentare un senso di repulsione verso il forestiero.
Straniero, rifugiato, richiedente asilo: l’eterogeneità stereotipata nella categoria del migrante. Il messaggio xenofobo semplifica ciò che è complesso: non si interroga sulle cause né su chi sia la persona migrante. In un mutato scenario geopolitico dei Paesi del Sud del mondo tradizionalmente ricettori di manodopera. Chi scappa da una guerra, chi prova a migliorarsi, chi ha studiato e lavorato.
Ecco dunque che la fragilità di costruire politiche dell’accoglienza dignitose in stretta sinergia con le politiche attive del lavoro in grado di cogliere le potenzialità: dalla necessaria forza lavoro in determinati ambiti alla opportunità di cogliere ed usufruire per il nostro paese le capacità di chi ha studiato altrove.
Non ci si interroga neppure su quanto siano i contributi versati regolarmente all’erario da parte dei migranti che lavorano, di chi ad esempio contribuisce a pagare la pensione di chi oggi la percepisce e lo spettro della povertà educativa delle seconde generazioni.
Il migrante diventa il capro espiatorio di ogni male, consente di riesumare fantasmi del passato, oggetto e non più persona, uomo o donna. Stralciando il concetto virtuoso di Altro, da Socrate all’Immagine di Dio.
Occorre stare in campo per promuovere politiche inclusive orizzontali e verticali: nella società e nei luoghi di lavoro. Contrastare le pratiche di chi è disposto ad accettare un lavoro qualsiasi, per chi ancora oggi è schiavo dei caporali, della tratta umana, del lavoro nero. Stessi diritti, stesso salario, stessa formazione, stessa sicurezza.
I corpi intermedi sono chiamati a proseguire la loro azione quotidiana: dalla formazione al contrasto delle fake news, dal bombardamento mediatico al mantenimento in vita di una cultura dell’accoglienza dignitosa per un loro inserimento nella società senza pregiudizio o privilegio.
In questo senso lo straordinario impegno in termini di tempo e qualità a livello ligure va in questa direzione: la solidarietà nel campo Roya e al confine di Ventimiglia, la partecipazione ai cortei studenteschi a Savona, l’imponente manifestazione genovese di qualche giorno fa e l’impegno quotidiano a la Spezia, in collaborazione con la scuola pubblica, per la formazione rivolta anche ai familiari dei lavoratori dell’indotto dei cantieri.
Una concreta risposta di quella parte di Paese che non si limita alla testimonianza ma vuole impegnarsi in prima persona per far vivere la speranza e la giustizia sociale. Le disuguaglianze non esistono in natura. La buona politica dovrebbe colmare ciò che non esiste in natura ma rappresenta il frutto degli egoismi umani.
Fabio Marante è Segretario Cgil Liguria
Genova, 18 febbraio 2019