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Edili e vigili del fuoco in piazza per lavoro e diritti

Ieri il centro città è stato attraversato da un corteo formato da lavoratori edili e dei vigili del fuoco. Una giornata di mobilitazione dove entrambe le categorie hanno protestato per i propri diritti. Da un lato i lavoratori edili che chiedono lavoro e lo sblocco delle grandi opere, dall’altro i vigili del fuoco che non ricevono un adeguato compenso e che spesso devono anticipare di tasca propria per infortuni o malattie professionali.

Siamo a ridosso dell’approvazione della legge di stabilità con la quale il Governo potrebbe provare a segnare un vero cambio di passo e rimettere al centro della sua azione il lavoro. Proprio queste due categorie di lavoratori ce lo hanno ricordato ieri con la loro manifestazione.

Per quanto riguarda le costruzioni i dati parlano chiaro: secondo l’Istat, solo in Liguria, nel secondo trimestre 2019, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il settore delle costruzioni ha perso 10 mila posti di lavoro passando da 44 mila addetti a 34 mila. Dalla necessità di lavorare nascono le proteste degli edili che hanno già scioperato a marzo chiedendo di intervenire sullo sblocco dei cantieri, uno su tutti il nodo ferroviario genovese, e sulle norme che regolano gli appalti. La legge approvata dal precedente governo rilancia il subappalto e il massimo ribasso lasciando spazi al malaffare delle mafie. Ma anche le grandi opere sono state al centro della protesta: gronda e terzo valico se portate avanti non danno solo lavoro agli edili, ma lo danno al Porto e a tutto il tessuto produttivo cittadino e dell’interno nord ovest. Insieme agli edili, uniti nel corteo, i vigili del fuoco che hanno protestato per chiedere maggiori risorse per il rinnovo del contratto di lavoro, scaduto da un anno, maggiori tutele e garanzie in caso di infortuni e malattie professionali, valorizzazione dal punto di vista previdenziale e retributivo della professione e potenziamento degli organici. Anche tra i vigili del fuoco c’è bisogno di assunzioni: a livello nazionale bisognerebbe raggiungere una dotazione organica di almeno 40 mila unità e nella legge di Bilancio di tutto questo non c’è praticamente nulla, tanto che il prossimo 21 novembre arriverà la prima delle quattro giornate di sciopero. Sono tante le situazioni in cui l’intervento della politica può fare la differenza, a partire dalla crisi ArcelorMittal che tiene con il fiato sospeso Genova e tutta la manifattura italiana dipendente dalla siderurgia. Ecco perché non è più rinviabile rimettere al centro dell’azione politica il lavoro che è l’unico volano per far ripartire il Paese. E’ questo il tema sul quale si devono concentrare le forze politiche perché la politica può fare molto per il lavoro a partire proprio dalla legge di bilancio. Occorre ragionare su una prospettiva di lunga durata che traguardi i prossimi anni cominciando già ora a programmare per crescere ed investire con l’obiettivo di tenere unito il paese.

Igor Magni è Segretario Generale Camera del Lavoro di Genova