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Recovery opportunità per Genova

Il futuro della città si gioca in gran parte in questi mesi; i finanziamenti legati al Recovery sono una grande occasione che non va persa: chi guiderà la città negli anni a venire dovrà confrontarsi con questa sfida, andando oltre le grandi opere già previste, e soprattutto avendo una visione sull’idea di quale città si vorrà mettere in campo e con quale tipo di regia. Le scelte di questi mesi non saranno neutre e avranno un forte impatto sulle nuove generazioni soprattutto attraverso il lavoro.

Abbiamo chiesto al Sindaco un incontro per confrontarci sui progetti che dovrebbero essere finanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e su quelli come la nuova diga del Porto in parte già finanziati con i fondi del MIT, anche se non totalmente. Soprattutto quando si parla di grandi opere bisogna essere in grado di sfruttare al meglio le risorse che vi sono destinate, soprattutto in termini occupazionali contingenti e di prospettiva. Qualche tempo fa proprio fu proprio il Sindaco a comunicarci che delle risorse legate al Decreto Genova per affrontare la ricostruzione del Ponte Morandi, oggi S. Giorgio, solo il 40% sono rimaste nel territorio. Al di là dell’opera sulla quale non si discute, questo dato deve interrogare la politica e l’imprenditoria locale su come Genova debba intercettare maggiormente le occasioni che il territorio avrà a disposizione per creare posti di lavoro, che per noi significano lavoro stabile e di qualità; il valore aggiunto portato dalle nuove risorse dovrà avere due imperativi: sconfiggere anni di offerte di lavoro precario e allontanare lo spettro dei licenziamenti, considerando che si è ancora in attesa di una vera riforma degli ammortizzatori sociali. I temi sono molti e complessi e il tavolo di regia che abbiamo chiesto al Sindaco deve servire anche a capire quanti lavoratrici e lavoratori verranno impiegati per realizzare le opere, perché solo con il lavoro Genova potrà uscire da una crisi complessa che ha prodotto una stagnazione economica che l’ha resa meno interessante anche dal punto di vista imprenditoriale. Quanti saranno realmente i fondi destinati alla città si saprà solo nei prossimi mesi e a quel punto Genova dovrà aver creato le condizioni per stimolare anche investimenti privati: sui temi del futuro come crescita sostenibile, verde e digitale, va agganciato anche il mondo imprenditoriale che deve essere stimolato ad uscire dal proprio recinto ritornando a quel valore sociale di impresa da troppo tempo abbandonato. A Genova ci sono grandi ricchezze e sarebbe opportuno che tornassero ad essere utilizzate per fare buona impresa e produrre buoni posti di lavoro. La città ha tutte le potenzialità per essere una grande città portuale e turistica legata all’alta tecnologia, ma non bisogna commettere l’errore che questo basti: non si può prescindere dal bisogno di insediare aziende manifatturiere e di trasformazione se davvero si vogliono sfruttare i traffici portuali e dare prospettive al mondo dei servizi e del commercio.

Quest’ultimo in particolare si confronta con una città sempre più piccola per numero di abitanti e più anziana e non basta dire che insediando nuove strutture della grande distribuzione si aumenta la concorrenza, perché questa spesso si scarica sui dipendenti e sulle strutture medio-piccole. In città oggi c’è una presenza commerciale, in particolare alimentare, già consistente che si divide una torta con sempre meno fette, anno dopo anno.

E poi va affrontata la questione sociale, con l’aumento delle povertà che ci interroga su quali “infrastrutture sociali” si devono mettere in gioco: le questioni legate all’istruzione, sanità e assistenza: prendere in carico i bisogni delle persone, aiutare giovani e anziani e creare le condizioni per combattere anche le disparità di genere, queste sono le scelte da compiere per la Genova del futuro.

Da queste scelte passano molte delle condizioni che potrebbero consentire, insieme alla gestione delle crisi o delle criticità come ad esempio l’ex Ilva, la Piaggio e la recente vertenza su Leonardo automazione, di agganciare quel treno che sembrava perso: noi siamo pronti a fare la nostra parte e il nostro lavoro, valutando in un senso o nell’altro quanto accadrà per esserne conseguenti.

Igor Magni Segretario Generale Camera del Lavoro Metropolitana di Genova