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E’ passato un anno dal crollo del Ponte Morandi e il primo pensiero non può che essere dedicato alle 43 vittime dell’immane tragedia e a tutti i loro cari. Dopo un anno, la città si trova a dover fare i conti con le questioni aperte da quel maledetto 14 agosto e con situazioni che già prima ne bloccavano lo sviluppo.

I dati fotografano una città in difficoltà anche in settori considerati in crescita, come ad esempio quello turistico con tutti gli indicatori in calo nei primi 5 mesi dell’anno e dove si registra una diminuzione negli arrivi di oltre 40 mila unità e delle presenze di meno 92 mila unità. L’export sembra avere una flebile tenuta, ma si confronta con un 2018 che perdeva l’8,7% rispetto al 2017.

In generale aumenta la disoccupazione di circa l’1%, con quella giovanile al 40% e di questa, quella femminile al 46%. La cassa integrazione straordinaria cresce del 181% e quella ordinaria del 136%; pesano situazioni come quella di Arcelor Mittal, dove a settembre potrebbero esserci novità non positive, e di Piaggio Aero, calano del 3,7% le tonnellate di merci passate dal Porto. Ecco perché servono interventi strutturali per rendere la città più attrattiva per le imprese e più vivibile per i cittadini, serve invertire la tendenza demografica che vede diminuire costantemente la popolazione genovese residente. Servono rinnovate reti di servizi pubblici, sanitari e sociali per i quali siamo preoccupati, visti gli scenari che spingono verso più o meno esplicite soluzioni privatistiche. Serve ripensare la mobilità pubblica e ragionare sulle reti digitali al pari di quelle materiali. La realizzazioni delle grandi opere deve proseguire senza ulteriori rallentamenti e per questo la discussione sulla gronda non fa altro che portare via tempo prezioso.

I problemi sono molti e ci auguriamo di vedere davvero realizzato il nuovo ponte sul Polcevera nel 2020, ma nel frattempo occorre che il Comune si decida a convocare il sindacato per avviare rapidamente quel tavolo di confronto sulla Valpolcevera che da mesi chiediamo insieme a Cisl e Uil. La situazione della Valpolcevera, che rappresenta circa il 22% della popolazione della città metropolitana, è ancora difficilissima e rischia di diventare ancora più complicata a partire dalla situazione insostenibile delle piccole imprese e del piccolo commercio.

Ricordiamo che quell’area detiene il più alto tasso di disoccupati, il maggior numero di immigrati, il più alto tasso di abbandoni scolastici, la peggior offerta sociosanitaria-assistenziale, il più alto numero di anziani e il secondo reddito più basso procapite della città.

Qui come in altre zone periferiche di Genova, i giovani vivono il dramma della disoccupazione andando oltre il fenomeno dei “neet”, sconfinando spesso nella marginalità sociale; per loro servono progetti di formazione per un futuro migliore. E occorre utilizzare le aree industriali dismesse per ripensare l’economia di quel luogo per il quale l’unica soluzione non può essere quella del retro porto. Pensiamo che il dinamismo, la voglia e l’orgoglio innescato dal dramma di ponte Morandi dalle forze economiche e sociali della città, si debba riproporre per fare un passo in avanti e che il Comune non possa fermarsi alla sola, seppur fondamentale, ricostruzione del ponte.

Se vogliamo il bene di Genova dobbiamo oggi pensare ambiziosamente a cosa potrà essere questa città tra 20 o 30 anni e quale città lasceremo in eredità ai nostri figli.

 

Igor Magni è Segretario Generale Camera del Lavoro Metropolitana di Genova