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28 giugno 1960: Pertini in piazza della Vittoria arringa la folla

Il 28 giugno 1960, in vista del Congresso del neofascista Movimento Sociale Italiano, programmato e autorizzato per il 30 giugno, viene indetta una manifestazione di protesta nel corso della quale Sandro Pertini, ex Partigiano e allora Deputato del PSI, afferma la sua netta opposizione al verificarsi di quel congresso. Alla manifestazione parteciperanno circa 30.000 persone e davanti a questa platea immensa di uomini e di donne, Pertini scandisce parole come fossero pietre, scolpite per restare nella coscienza di ognuno di noi. Sono di un’attualità disarmante e vanno ricordate affinché restino faro acceso ogni volta che sarà necessario scegliere da che parte stare.

Eccone alcuni frammenti:

“Gente del popolo, partigiani e lavoratori, genovesi di tutte le classi sociali. Le autorità romane sono particolarmente interessate e impegnate a trovare coloro che esse ritengono i sobillatori, gli iniziatori, i capi di queste manifestazioni di antifascismo. Ma non fa bisogno che quelle autorità si affannino molto: ve lo dirò io, signori, chi sono i nostri sobillatori: eccoli qui, eccoli accanto alla nostra bandiera: sono i fucilati del Turchino, della Benedicta, dell’Olivetta e di Cravasco, sono i torturati della casa dello Studente che risuona ancora delle urla strazianti delle vittime, delle grida e delle risate sadiche dei torturatori. Nella loro memoria, [….] la folla genovese è scesa nuovamente in piazza per ripetere “no” al fascismo, per democraticamente respingere, come ne ha diritto, la provocazione e l’offesa. […….] Dinanzi a queste provocazioni, dinanzi a queste discriminazioni, la folla non poteva che scendere in piazza, unita nella protesta, né potevamo noi non unirci ad essa per dire no, come una volta, al fascismo e difendere la memoria dei nostri morti, riaffermando i valori della Resistenza.
Questi valori, che resteranno finché durerà in Italia una Repubblica democratica sono: la libertà, esigenza inalienabile dello spirito umano, senza distinzione di partito, di provenienza, di fede. Poi la giustizia sociale, che completa e rafforza la libertà, l’amore di Patria, che non conosce le follie imperialistiche e le aberrazioni nazionalistiche, quell’amore di Patria che ispira la solidarietà per le Patrie altrui.
La Resistenza ha voluto queste cose e questi valori, [….] ha spazzato via coloro che parlando in nome della Patria, della Patria furono i terribili nemici perché l’hanno avvilita con la dittatura, l’hanno offesa trasformandola in una galera, l’hanno degradata trascinandola in una guerra suicida, l’hanno tradita vendendola allo straniero. Noi, oggi qui, riaffermiamo questi principi e questo amor di patria perché [….] coloro che hanno riscattato l’Italia da ogni vergogna passata, sono stati questi lavoratori, operai e contadini e lavoratori della mente, che noi a Genova vedemmo entrare nelle galere fasciste non perché avessero rubato, o per un aumento di salario, o per la diminuzione delle ore di lavoro, ma perché intendevano battersi per la libertà del popolo italiano. [….]
Ma perché, dopo quindici anni, dobbiamo sentirci nuovamente mobilitati per rigettare i responsabili di un passato vergognoso e doloroso, i quali tentano di tornare alla ribalta?
Ci sono stati degli errori, primo di tutti la nostra generosità nei confronti degli avversari. Una generosità che ha permesso troppe cose e per la quale oggi i fascisti la fanno da padroni, giungendo a qualificare delitto l’esecuzione di Mussolini a Milano. Ebbene, neofascisti che ancora una volta state nell’ombra a sentire, io mi vanto di avere ordinato la fucilazione di Mussolini, perché io e gli altri, altro non abbiamo fatto che firmare una condanna a morte pronunciata dal popolo italiano venti anni prima.
Un secondo errore fu l’avere spezzato la solidarietà tra le forze antifasciste, permettendo ai fascisti d’infiltrarsi e di riemergere nella vita nazionale, e questa frattura si è determinata in quanto la classe dirigente italiana non ha inteso applicare la Costituzione là dove essa chiaramente proibisce la ricostituzione sotto qualsiasi forma di un partito fascista ed è andata più in là, operando addirittura una discriminazione contro gli uomini della Resistenza, che è ignorata nelle scuole;
[….]
Ai giovani, studenti e operai, va il nostro plauso per l’entusiasmo, la fierezza, il coraggio che hanno dimostrato. Finché esisterà una gioventù come questa nulla sarà perduto in Italia.
Noi anziani ci riconosciamo in questi giovani. Alla loro età affrontavamo, qui nella nostra Liguria, le squadracce fasciste. E non vogliamo tradire, di questa fiera gioventù, le ansie, le speranze, il domani, perché tradiremmo noi stessi. Così, ancora una volta, siamo preparati alla lotta, pronti ad affrontarla con l’entusiasmo, la volontà la fede di sempre.
Qui vi sono uomini di ogni fede politica e di ogni ceto sociale, spesso tra loro in contrasto, come peraltro vuole la democrazia. Ma questi uomini hanno saputo oggi, e sapranno domani, superare tutte le differenziazioni politiche per unirsi come quando l’8 settembre la Patria chiamò a raccolta i figli minori, perché la riscattassero dall’infamia fascista.
A voi che ci guardate con ostilità, nulla dicono queste spontanee manifestazioni di popolo? Nulla vi dice questa improvvisa ricostituita unità delle forze della Resistenza?
Essa costituisce la più valida diga contro le forze della reazione, contro ogni avventura fascista e rappresenta un monito severo per tutti. Non vi riuscì il fascismo, non vi riuscirono i nazisti, non ci riuscirete voi.
Noi, in questa rinnovata unità, siamo decisi a difendere la Resistenza, ad impedire che ad essa si rechi oltraggio.
Questo lo consideriamo un nostro preciso dovere: per la pace dei nostri morti, e per l’avvenire dei nostri vivi, lo compiremo fino in fondo, costi quello che costi.”

Tre giorni dopo quel comizio e dopo i fatti avvenuti il 30 giugno, denuncerà alla Camera i soprusi che le forze dell’ordine agiscono nei confronti dei manifestanti.