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Congresso costitutivo Filctem Cgil

IL DOCUMENTO CONCLUSIVO DEL CONGRESSO COSTITUTIVO NAZIONALE DELLA FILCTEM-CGIL

(Pesaro, 7-8-9 aprile 2010)

LA COSTITUZIONE DELLA FILCTEM

Il congresso costitutivo nazionale della Filctem-Cgil, riunito a Pesaro il 7-8-9 aprile 2010, assume la relazione del segretario generale uscente Alberto Morselli, le conclusioni della segretaria confederale Cgil, Morena Piccinini e i contributi emersi dal dibattito.

La costituzione della Filctem-Cgil, che unifica le categorie della Filcem e della Filtea, rappresenta il rafforzamento e la valorizzazione di una cultura innovatrice, riformista e di governo dei processi di cambiamento. E’ questa una unificazione importante, strategica per la Cgil, così come dichiarato nel “manifesto programmatico” del 2007, che deve vedere il gruppo dirigente in tutti i territori impegnato a valorizzare la storia di provenienza delle singole categorie, le competenze contrattuali, la capacità di elaborazione delle politiche industriali. Questa scelta all’interno del XVI congresso Cgil rappresenta, dentro un più ampio processo di riorganizzazione che interessa l’insieme dei settori produttivi e dei sistemi contrattuali esistenti, un passaggio importante nel rafforzamento della rappresentanza che la nuova categoria intende esercitare. La nuova categoria si caratterizza inoltre dentro una pratica di forte confederalità, intesa non come sommatoria delle diverse esigenze, ma come superamento degli aziendalismi e delle spinte corporative. Il congresso ritiene come scelta di valore fondante per la nuova categoria il rispetto della norma antidiscriminatoria relativa alla presenza della differenza di genere come atto costitutivo della nuova categoria e impegna tutte le strutture territoriali e regionali a lavorare per la sua realizzazione da qui al prossimo congresso, innanzitutto nella composizione delle segreterie a tutti i livelli degli organismi di direzione.

Il congresso invita il direttivo e la segreteria nazionale della Filctem a definire le forme organizzative più efficaci nel valorizzare le specificità di comparto e favorire l’esercizio della rappresentanza politico, organizzativa e contrattuale in tutte le sue articolazioni territoriali e settoriali. in tale contesto assume grande importanza il completamento ed il rafforzamento politico-organizzativo della unificazione a partire dalle realtà dove ancora sussistono difficoltà.

LA FILCTEM E L’EUROPA

Il congresso si svolge in una fase caratterizzata dalla più preoccupante crisi finanziaria, economica e sociale sia a livello internazionale sia a livello nazionale, che ha creato forti diseguaglianze fra aree ricche e aree povere del mondo. Gli effetti degli squilibri prodotti, compresi quelli ambientali, sono destinati a ricadere in primo luogo sulle nuove generazioni. Di fatto è fallita l’idea neoliberista che ha sempre più dominato con il procedere dei processi di globalizzazione l’idea del primato del mercato senza regole. In questo senso la crisi che stiamo attraversando è anche crisi morale e di valori, del prevalere dei corporativismi sull’interesse collettivo. Il congresso ritiene che la crisi debba essere una opportunità e occasione di stimolo per intervenire sulle contraddizioni dell’attuale tipo di sviluppo. Occorre innanzitutto che la politica torni a governare l’economia, a partire dal livello internazionale, dove occorre si lavori per un nuovo ordine mondiale basato sul multilateralismo, con nuovi strumenti istituzionali sovranazionali più efficaci di quelli attuali. Servono politiche efficaci contro disuguaglianza e povertà; per questo e’ necessario un sindacato europeo forte, che rimetta al centro della propria strategia un modello europeo fatto di integrazione, diritti e che sviluppi la dimensione sociale.

La Filctem si impegnerà dando il massimo del suo contributo per raggiungere tali obiettivi.

Siamo interessati alla promozione di una contrattazione atta a tutelare le condizioni di vita e di lavoro delle persone, ad estendere sistemi strutturati di relazioni sindacali, di partecipazione, e a sviluppare il libero accesso alla formazione professionale, alla conoscenza e all’istruzione. Per sviluppare tale strategia è necessario che vi sia anche un forte ruolo del sindacato europeo, la CES, oltre a un rafforzamento del ruolo dei Cae (Comitati aziendali europei), tramite la realizzazione di una forte legislazione europea di sostegno, che devono lavorare in sinergia con la categoria per un maggiore coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori delle aziende multinazionali. Il confronto sul tema della democrazia d’impresa deve tornare ad essere centrale anche al nostro interno. In questo senso la Filctem lavorerà per qualificare la contrattazione finalizzando il proprio impegno a sostenere i sistemi di rappresentanza partecipativa. Congiuntamente, come categoria, dobbiamo porre il tema all’attenzione delle nostre Federazioni europee (Epsu, Emcef, Fse), impegnate con noi in processi di unificazione, per iniziare a discutere sulle forme e sui contenuti delle prime sperimentazioni di effettivo coordinamento negoziale e di prime intese valide per tutte le aziende europee. Le stesse forme di partecipazione, limitatamente alle esperienze dei Consigli di sorveglianza, hanno bisogno di essere misurate sulle diverse dimensioni di impresa e di declinarsi verso le filiere e le reti di impresa. Diversamente la sindacalizzazione, la democrazia industriale e i sistemi di partecipazione, non hanno uno spazio reale di estensione e quindi di efficacia.

In questa prospettiva, la nuova Federazione dovrà chiedere con forza nelle opportune sedi internazionali il rispetto di regole certe per una corretta competizione ed un impegno per affermare politiche comuni ed innovative a livello europeo, a partire dalla adozione generalizzata dei codici di condotta bilaterali tra aziende e sindacati, a sostenere i controlli indipendenti e ad adottare le azioni sulla “responsabilità sociale dell’impresa”; scelte che vanno oltre il rispetto dei contratti e delle leggi.

LA CRISI E IL SISTEMA ITALIA

La crisi sta producendo effetti preoccupanti sull’economia italiana e sui livelli occupazionali. Il calo del PIL 2009 sul 2008 di circa 5 punti, l’avanzo primario negativo, il debito pubblico è aumentato del 5,2% sul PIL rispetto al 2,7% del 2008 (i peggiori risultati dal 1996): l’aumento della disoccupazione che ormai sfiora quota 10%, ne testimonia tutta la drammaticità. Riorganizzazioni, licenziamenti, aumento a dismisura della cassa integrazione, mobilità, chiusure di stabilimenti, mancate conferme dei “tempi determinati”, forti difficoltà per indotto e lavoratori delle ditte appaltatrici, ci confermano che anche nel nostro settore sono migliaia i posti di lavoro a rischio. Il disagio sociali è molto forte, molti sono i gesti disperati. E’ questa una condizione che aumenta il nostro senso di responsabilità nel dare tutele e indicare una via d’uscita. Sono necessari interventi urgenti che fermino i licenziamenti, utilizzando tutti gli strumenti contrattuali e normativi per tenere i lavoratori agganciati all’impresa, a partire dall’uso dei contratti di solidarietà, dal raddoppiare i periodi di copertura della cassa integrazione, dall’estendere ed aumentare il valore economico dei massimali e la durata dell’indennità di disoccupazione. É inoltre necessario attivarsi presso il ministero dello Sviluppo Economico affinché sia dato avvio agli accordi di programma per il recupero dei lavoratori disoccupati.

Per quanto riguarda le imprese servono interventi per una nuova fase industriale rivolta alla difesa e allo sviluppo del manifatturiero, delle piccole e medie imprese e del loro rapporto con il sistema del credito. É all’interno di questo quadro che vanno cercate risposte sulla fiscalità di vantaggio, sui costi energetici e sullo snellimento delle procedure amministrative e autorizzative per nuovi investimenti. Serve in generale un quadro di interventi normativi e finanziari a sostegno della ricerca, dell’innovazione, della formazione, del patrimonio importante di conoscenze e competenze, presente in tutte le imprese dei nostri settori.

Occorre sostenere strategicamente e rigorosamente la catena virtuosa “educazione-formazione-conoscenza-innovazione-impresa-sviluppo”, tentando di collegare tra loro tutte le eccellenze presenti nelle nostre realtà. Serve un ruolo dello Stato più alto e un’amministrazione pubblica più efficiente, capace di orientare gli investimenti verso le imprese del futuro, funzionali ad un progetto attento alla società e all’ambiente, al territorio e al rapporto sinergico tra Università, centri di ricerca e sistema delle imprese. Quello che chiediamo è un “fare sistema” per agire insieme e unitariamente per l’affermazione, la pratica, il rispetto e il controllo delle regole, per la facilitazione agli investimenti, per il finanziamento dei progetti, per la valorizzazione e la dignità del lavoro. Da noi, al contrario di quanto si è fatto in altri paesi, si è preferito comprimere i consumi e non agire sulla leva del deficit pubblico. Invece di immettere azioni di intervento pubblico che facessero ripartire un’azione anticiclica, necessaria ad affrontare i problemi legati alla recessione e a sostenere l’occupazione, il sistema industriale, i consumi e i redditi, riducendo le tasse sul lavoro e sulle pensioni, il Governo non ha dato risposte sufficienti a contrastare la fase recessiva e fare ripartire lo sviluppo; ha teso invece a perseguire politiche volte a favorire corporativismi, divisioni sociali e ad accentuare disuguaglianze territoriali e regionali; ha dato avvio a conflitti istituzionali; ha rivendicato il diritto di non rispettare le regole; ha attaccato la Carta costituzionale. Tutto ciò ha di fatto accentuato gli effetti della crisi, mettendo in discussione il ruolo stesso di rappresentanza dei corpi sociali intermedi. La crisi non è solo economica e sociale, ma è anche politica, nel senso che investe gli assetti politici e istituzionali mettendo in discussione riferimenti valoriali e culturali. La propaganda xenofoba e ideologica che ha portato al reato di clandestinità, è figlia di chiusure e di paure. Come Filctem sosterremo tutte le azioni che la Cgil metterà in atto per contrastarne gli effetti negativi sui cittadini immigrati, a partire dalle iniziative per la sospensione della Bossi-Fini per chi perde il lavoro, per costruire politiche di accoglienza riformando le modalità di ingresso, regolarizzando i migranti già in possesso dei requisiti e riconoscendo loro il diritto di cittadinanza al momento della nascita. I migranti non possono essere visti solo come manodopera da sfruttare per abbassare i costi, ma sono persone a cui vanno riconosciuti diritti, primo fra tutti il rispetto della propria dignità.

LA “GOVERNANCE” DEL CAMBIAMENTO: IL MEZZOGIORNO

Per fare fronte a una situazione di questa portata, il congresso ritiene importante lanciare una fase di grande progettualità, di “governance” del cambiamento, che veda un nuovo rapporto fra Stato, mercato, lavoro, che abbia al centro un nuovo modello di sviluppo, che dia risposte a obiettivi quali: piena occupazione, tutela di nuovi bisogni, politiche di welfare, superamento del dualismo territoriale, lotta alle disuguaglianze, centralità dei saperi. Siamo di fronte ad un passaggio decisivo nelle scelte di politica economica e industriale, con l’impegno di difendere il lavoro, l’industria e i servizi ad essa connessi, con l’obiettivo della piena occupazione. Difendere il lavoro vuol dire sostenere le imprese che fanno innovazione e investono nella qualità, che stanno nella legalità.

Quello della legalità e del contrasto al lavoro nero è un obiettivo che la Filctem deve porre a tutti i tavoli di confronto, sia in azienda che nei territori. Nelle crisi la via di fuga, specie per le imprese più deboli finanziariamente e più arretrate nell’innovazione e nell’internazionalizzazione, è quella del rifugio nel lavoro sommerso, presente in tutto il Paese e in particolare al Sud. In effetti quello dello sviluppo nel Mezzogiorno è una tale priorità nazionale, che il congresso fa propria, impegnando tutte le strutture a contrastare i luoghi comuni che rappresentano un Nord tutto “produttivo” e un Sud tutto “assistito”. La questione del Mezzogiorno si affronta con un approccio diverso rispetto al passato. Occorre muoversi su diversi fronti: indirizzare in quelle aree azioni di sviluppo, compresi nuovi insediamenti industriali di grandi dimensioni e non di sola subfornitura del manifatturiero; accrescere e consolidare le produzioni presenti di siti industriali importanti che, se messi in discussione, porterebbero ad avere una desertificazione industriale con un oggettivo impoverimento di queste aree; accelerare i percorsi per le bonifiche di aree inquinate per l’avvio della reindustrializzazione e per produzioni ecocompatibili; sviluppare sinergie di allungamento della filiera fra Nord e Sud, così come sperimentato in Puglia per il tessile-abbigliamento-calzature (Tac), in alternativa alla delocalizzazione; sperimentare progetti di sistema e di rete fra le piccole imprese. É questa un’opportunità per l’intero paese.

Al Sud non servono grandi opere faraoniche (come il Ponte sullo stretto di Messina). Serve una politica industriale che valorizzi la collocazione logistica rafforzando i collegamenti sul Mediterraneo di queste aree a grande valenza energetica; non servono insomma risorse in modo generico, ma sostegno del credito a progetti mirati, a partire dalle energie rinnovabili (solare, fotovoltaico, eolico), nonche’ sulle grandi reti di interconnessioni che valorizzino integrazione di filiera, di rete, di sistema, e offrano servizi qualificati a quelle aree di piccola impresa che, se lasciate sole, non sono in grado di fare innovazione e qualità. Ma per avere le condizioni di una corretta politica industriale, anche per il Mezzogiorno occorre che si ripristinino le condizioni minime di legalità, di lotta alla delinquenza e alle organizzazioni criminali, di contrasto al lavoro nero, condizione peraltro che non riguarda solo il Sud ma l’intero Paese. Oggi con le difficoltà di attingere al credito da parte delle piccole e medie imprese e con il fatto che sono cambiati i modi con cui si alimentano economicamente i sistemi mafiosi, l’intreccio è ancora più forte fra politica, criminalità organizzata e impresa. Per queste ragioni la Filctem si impegna a pretendere trasparenza e rigore, attraverso un sistema di regole e procedure che prevedono appositi requisiti d’impresa, in particolare per ciò che riguarda: garanzie sull’applicazione dei contratti nazionali di lavoro, il rispetto delle norme di sicurezza, ovvero l’assunzione di responsabilità del committente, attraverso anche un sistema di interazione e coordinamento dei Rlsa. La Filctem proporrà a tutto il sistema di rappresentanza delle imprese, una grande iniziativa contro il sommerso, l’illegalità, la contraffazione, per una competizione di qualità, trasparente e certificata, che rispetti le convenzioni sociali dell’ Organizzazione internazionale del lavoro (Oil). In questo senso la Filctem si doterà di un Osservatorio nazionale permanente a cui far pervenire tutti gli accordi di buone pratiche, finalizzati alla presentazione di un rapporto annuale.

RICERCA E FORMAZIONE

L’assenza di scelte di politica industriale che si trascina da molti anni, produce i suoi effetti nella crisi attuale anche per ciò che riguarda la scarsa capacità di attrazione di nuovi investimenti e di tenuta di quelli esistenti. Oggi questo è evidenziato dalle chiusure dei centri di ricerca a seguito delle riorganizzazioni che coinvolgono le multinazionali che scelgono di portare o concentrare la ricerca fuori dai nostri confini. Occorre contrastare un impoverimento sulla ricerca che è anche arretramento complessivo del Paese, a partire da una iniziativa di sostegno e rilancio della Glaxo e del centro di ricerca di Nerviano Medical Sciences. E’ necessario che si intervenga con massicce risorse e politiche di integrazione di intervento fra settori pubblici e privati, favorendo la collaborazione e le sinergie fra i centri di ricerca e il mondo universitario, che veda anche la presenza italiana nei grandi progetti europei ed internazionali. Un sistema produttivo che punti alla qualità ed all’innovazione tecnologica di processo e di prodotto, deve mettere al centro la valorizzazione delle competenze, deve investire molto nella formazione continua e nella stabilizzazione dei posti di lavoro. Il rischio, quando finirà la crisi, se non si ha attenzione alla tenuta delle professionalità in termini generali e al loro aggiornamento in caso di utilizzo di ammortizzatori per le aziende in crisi, sarà quello che il sistema stesso delle imprese possa uscirne ulteriormente impoverito. Anche per queste ragioni, crediamo si debbano contrastare le diverse forme di precarizzazione della condizione lavorativa, rilanciando la battaglia per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro e l’estensione dei diritti e delle tutele.

SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE E SOCIALE

La Filctem intende caratterizzarsi condividendo la definizione di sviluppo sostenibile articolata sull’interconnessione tra compatibilità economica, ambientale e sociale, nella consapevolezza che la crescita economica di per sé non basti, in quanto lo sviluppo è reale solo se migliora la qualità della vita in modo duraturo. Il congresso assume la scelta della sostenibilità, a partire da quanto ha stabilito la commissione europea sulle fonti rinnovabili e in materia energetica   e di promozione delle energie pulite a basse emissioni di CO2 e delle tecnologie legate all’impiego di fonti rinnovabili e a basso contenuto di carbonio.

Anche per queste ragioni la Filctem respinge con fermezza la scelta nucleare del Governo. Essa non rappresenta una concreta ed immediata soluzione alla questione energetica aperta nel Paese e ripropone il problema non ancora risolto della tutela dell’ambiente (soprattutto se riferita allo smaltimento delle scorie), e della sicurezza per le popolazioni dei territori interessati.

Il congresso individua in una politica di risparmi e di promozione dell’efficienza energetica, di diversificazione delle fonti e degli approvvigionamenti, alcuni dei punti qualificanti per la promozione di un nuovo piano energetico nazionale. Scegliere la sostenibilità è una sfida per tutti. La “green economy” può dare un contributo importante all’innovazione, qualificazione e riconversione post-crisi dell’apparato industriale italiano. Essa rappresenta una necessità per il rilancio degli investimenti produttivi e occupazionali in ricerca, innovazione e formazione permanente, verso una economia economicamente, ambientalmente e socialmente compatibile. Le riorganizzazioni produttive che si determinano nelle situazioni di crisi mettono in luce lo stretto legame fra efficienza energetica, innovazione e ricerca, in quanto strumenti capaci di favorire la ripresa industriale e la tenuta occupazionale. In alcuni settori industriali (chimica, energia elettrica) è in corso da anni un processo di efficientamento che è andato nella direzione della sostenibilità ambientale.

E’ necessario estendere queste scelte ad altri settori industriali e manifatturieri (farmaceutico, gomma – plastica, vetro, concia, ceramica, tessile-abbigliamento e calzaturiero), insistendo altresì nel recupero, riuso e riciclo degli scarti domestici e industriali. Il congresso individua quattro interventi pubblici efficaci perché si vada in questa direzione: sussidi del Governo sotto forma di incentivazioni; contributi dell’Autorità per l’energia, per provvedimenti straordinari ma temporanei di “moratoria” sulle tariffe; risorse dell’Europa, attraverso i fondi strutturali; sostegno degli istituti bancari per piani di ristrutturazione del debito.

Occorre inoltre che vi siano agevolazioni fiscali negli investimenti orientati alla riconversione. É necessario sostenere le aziende “virtuose” che scommettono sulla “green economy” e i distretti che vogliono competere rispettando diritti, sicurezza e salute dei lavoratori, ambiente, consumatori. Per le imprese “virtuose” che investono nella ricerca e nella innovazione e nella formazione, che rispettano i contratti e le leggi, devono infatti essere previste forme di credito di imposta sugli investimenti sostenuti, in una logica di sistema fiscale premiante che tenga conto anche della loro responsabilità sociale definita dalla normativa europea, previa verifica dei risultati da parte di strutture tecniche indipendenti appositamente costituite. Inoltre, la stessa contrattazione di secondo livello, avendo già chiesto alle controparti la definizione delle linee guida per l’aumento dell’efficienza energetica e per lo sviluppo delle fonti rinnovabili, tra le forme premiali, dovrà prevedere tale tematica nelle piattaforme di rinnovo nei contratti, così come previsto in quelli già firmati.

La Filctem promuoverà lo sviluppo e la qualificazione del sistema industriale, delle filiere, delle reti di impresa, anche attraverso la valorizzazione e l’ innovazione del sistema dei distretti. Sono questi, dei sistemi territoriali industriali, che hanno affrontato forti trasformazioni nella globalizzazione. In tale quadro va consolidata e sviluppata la metallurgia primaria a partire dalla conquista di soluzioni positive delle vertenze aperte per i cicli produttivi dell’allumina, dell’alluminio, dello zinco e del piombo, tutti cicli fortemente energivori e strategici per il settore manifatturiero del Paese. Occorre lavorare perché il tessuto spesso fatto di piccole e medie imprese ne esca rafforzato da una politica di sistema, di integrazione delle reti e di allungamento delle filiere. La Filctem promuoverà lo sviluppo, l’innovazione e la qualificazione del sistema industriale, delle filiere, delle reti d’impresa con particolare riferimento al sistema dei distretti. In questo senso per quest’ultimo sono necessarie politiche attive e territoriali riguardo ai temi quali il credito, la formazione oltre ai suoi originari limiti provinciali.

Questo implica l’assunzione di una strategia articolata per territori e per settori. Nel territorio si tratta di avanzare una proposta di governance che coinvolga le altre organizzazioni sindacali, le associazioni imprenditoriali e le istituzioni locali, in raccordo con la Confederazione. Gli stessi accordi di programma territoriali sullo sviluppo locale, stipulati in molti territori su tutti i comparti della nostra categoria, devono permettere l’integrazione con le politiche dell’ambiente, dei processi di miglioramento continuo, delle opportunità dello sviluppo occupazionale derivanti dall’opzione della sostenibilità. Per raggiungere questi obiettivi, il congresso impegna la categoria a partecipare attivamente alla definizione di una nuova stagione di contrattazione territoriale, che intrecci con serietà ed efficacia le piattaforme aziendali con le priorità dei diritti di cittadinanza. Da questo congresso chiediamo inoltre all’Eni di recedere dal suo disimpegno nei suoi settori industriali (chimica, raffinazione, estrazione gas), in una logica di ricomposizione delle filiere dalla raffinazione ai prodotti petrolchimici finiti e alle “commodities”. A sostegno di tale obiettivo la Filctem si impegna a costruire iniziative unitarie partendo dalla vertenze aperte. A Federchimica chiediamo che si superi la logica emergenziale, e la convocazione di un tavolo che sia occasione di confronto ed elaborazione di politiche industriali con un respiro nazionale e integrato.

Alle rappresentanze datoriali del settore energetico riconfermiamo la necessità di intervenire sul ministero dello Sviluppo Economico per attivare finalmente l’Osservatorio sulla politica energetica.

Alle controparti dei settori dei servizi pubblici (elettricità, gas, acqua), chiediamo responsabilità sociale, investimenti in infrastrutture e l’assunzione di un ruolo a sostegno del sistema Paese vicino ai bisogni della collettività. A tutte le controparti dei nostri settori manifatturieri, chiediamo la costituzione di un tavolo unico per condividere e costruire insieme le proposte di politica industriale, del lavoro e dei redditi, da portare nei diversi confronti istituzionali di competenza: regionale, nazionale, europeo. In relazione alla specificità del settore chiediamo la riapertura del tavolo sul sistema moda nazionale.

Lo sviluppo sostenibile dal punto di vista sociale è anche la scelta etica della tracciabilità dei prodotti, il Reach, la scelta del “made in Italy”, il rapporto di trasparenza fra industria, lavoratori, cittadini consumatori, i codici di condotta. Una corretta informazione sul cosa e sul come si produce serve inoltre a superare, in particolare per chimica e raffinazione, diffidenze che possono contribuire a perdere produzioni rilevanti sul piano industriale ed occupazionale. Il congresso valuta importante l’accordo raggiunto in Parlamento, che ha portato alla legge sull’etichettatura del “made in Italy” nel sistema moda. Un risultato raggiunto a seguito dell’impegno della categoria nel sostenere le ragioni della tracciabilità e della trasparenza in alternativa a una politica protezionistica sostenuta dal centro­destra in Italia e in Europa. Adesso occorre che anche l’Europa legiferi sull’etichettatura obbligatoria per i prodotti importati e si doti dei controlli alle frontiere in modo coordinato, perché senza regole reciproche a livello europeo e internazionale , la concorrenza globale finisce col favorire lo sfruttamento delle risorse umane e ambientali.

La Filctem sceglie di utilizzare questa crisi per innovare, in tutti i settori industriali, prodotti, impianti, reti di distribuzione elettrica, per rilanciare la produzione industriale e contemporaneamente ottimizzare i consumi energetici attraverso politiche di efficientamento in grado anche di ridurre le emissioni. Occorre quindi lavorare da subito alla ricerca delle alleanze necessarie con le altre organizzazioni sindacali di categoria per aprire una stagione che dia voce al mondo del lavoro, per farlo ritornare al suo ruolo centrale, per uno sviluppo sostenibile.

LA PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA E DELLE INFRASTRUTTURE

Per quanto riguarda la privatizzazione dell’acqua, fondamentale bene pubblico, il congresso ribadisce la sua ferma difesa del carattere pubblico di questo bene comune ed universale, da sottrarre alle logiche di mercato.

Pertanto la categoria svilupperà e sosterrà tutte le azioni politico-sindacali per contrastare gli effetti negativi previsti dall’art. 23 bis della legge 133/ 2008, così come modificato dall’articolo 15 della legge 166/2009, che mettono a rischio le gestioni idriche pubbliche, dando corso ad una ingiustificata e forzosa privatizzazione, che avrà solo ed esclusivamente ricadute penalizzanti sulle tariffe, sulla qualità del servizio ai cittadini, nonché sui lavoratori occupati nel settore idrico. Occorre garantire lo sviluppo del settore ed un assetto industriale finalizzato alla riduzione dei costi di gestione, degli sprechi e alla realizzazione degli ingenti investimenti necessari per migliorare la qualità del servizio erogato su tutto il territorio nazionale. Richiediamo la realizzazione di un Autorità di controllo indipendente sul servizio idrico integrato utile alla definizione degli standard minimi di qualità del servizio, di orientamento degli investimenti e di controllo della gestione a garanzia dei cittadini-utenti.

Per quanto riguarda le infrastrutture si rendono necessari forti interventi per implementare sia le interconnessioni elettriche sia quelle del gas con il resto d’Europa e con i Paesi mediterranei. Occorre destinare ingenti investimenti per le reti di trasmissione e distribuzione elettrica per collegare gli impianti di produzione da energie rinnovabili, senza alterare l’equilibrio di rete, coordinando le migliaia di produttori per migliorare l’accesso alla rete.

Lo sviluppo infrastrutturale del gas (metanodotti e alcuni rigassificatori), aumenterà le flessibilità e la sicurezza della nostra fornitura e allargherà la possibilità di concorrenza sui prezzi. Il congresso impegna la categoria ad avviare in tempi brevi una discussione, insieme alla Confederazione, allo scopo di approfondire aspetti essenziali di servizi legati alle infrastrutture del Paese. Nel contempo l’avvio del processo di affidamento tramite gara della distribuzione dl gas, impone che venga al più presto varata la legge a tutela dell’occupazione – “clausola sociale” -assieme al completamento delle norme regolatorie del settore.

DIRITTI, FISCO, CONTRATTAZIONE

Dare centralità ai temi del lavoro e dell’uguaglianza vuol dire anche lottare contro l’emarginazione e la povertà, riaffermando i diritti fondamentali di cittadinanza. Il Governo e la maggioranza di centro-destra ha lavorato per allargare le disuguaglianze e i divari territoriali, ha operato per dividere il sindacato, per isolare la Cgil e per ridurre il peso delle rappresentanze sociali. Con la firma separata dell’accordo sul sistema contrattuale, sostenuto dal Governo e condiviso da Cisl, Uil, Confindustria e da tutte le altre parti datoriali, si è affermato un modello che riduce l’autonomia delle categorie nella loro funzione di soggetti negoziali, sminuisce il ruolo della contrattazione, spinge verso un modello corporativo, con l’indebolimento complessivo delle tutele sui lavoratori. Il congresso chiede a Cisl e Uil di desistere nel perseguire scelte che portano a dividere il mondo del lavoro e che indebolisce l’ azione di tutela delle lavoratrici e dei lavoratori. Proponiamo che il lavoro fatto unitariamente a livello nazionale nelle categorie per presentare i documenti di proposta di politica industriale al Governo e quello svolto nei territori dalle nostre strutture per gestire le crisi, sia un punto da cui partire per avviare una ricomposizione unitaria fra le tre organizzazioni sindacali, che ci faccia essere più forti nell’avanzare al Governo e al sistema di rappresentanza delle imprese, la richiesta di fermare i licenziamenti. Occorre ricercare soluzioni al fine di impedire la chiusura delle aziende e, contemporaneamente, sostenere le richieste di politica industriale avanzate dalla nostra categoria e avviare da subito un piano per la ricerca e l’innovazione.

Il congresso riconferma l’impegno a sostenere la piattaforma sul fisco della Cgil, già dimostrato con la grande partecipazione allo sciopero del 12 marzo. L’obiettivo deve essere quello di ottenere risposte concrete che consentano di ridurre le tasse per i lavoratori dipendenti e pensionati, per sostenere i redditi e rilanciare i consumi interni. Le risorse devono essere recuperate attraverso una seria lotta all’evasione e all’elusione fiscale, portando la tassazione delle rendite finanziarie e dei grandi patrimoni allo stesso livello degli altri paesi europei. Il congresso reputa grave, l’atteggiamento del Governo che invece di tutelare i lavoratori dagli effetti della crisi, usa la crisi per tagliare i diritti e per incrementare i livelli di precarietà e di instabilità nel lavoro. In questo senso riteniamo che proprio la lotta alla precarietà dovrà essere obiettivo importante da perseguire nei contratti nazionali e nella prossima contrattazione di secondo livello. Lo stesso disegno di legge sull’arbitrato obbligatorio, mira a rendere il lavoratore più debole e ricattabile, penalizzando soprattutto i giovani e i lavoratori precari: stiamo assistendo a una vera controriforma delle basi del diritto del lavoro italiano.

La Filctem ritiene a rischio l’articolo 18 della legge 300/1970 meglio conosciuta come Statuto dei lavoratori, per questo il congresso impegna tutte le sue strutture a una campagna di informazione, sensibilizzazione e mobilitazione dei lavoratori, al fine di adottare tutte le iniziative utili per contrastare questo disegno, prima che le Camere riesaminino il provvedimento rinviato dal Presidente della Repubblica, che di fatto ha confermato con questa scelta le preoccupazioni avanzate dalla Cgil.

LA CONTRATTAZIONE

Il modello contrattuale firmato separatamente il 22 gennaio 2009 presenta un’idea di relazioni contrattuali tutto centralizzato, che non tutela il reddito dei lavoratori e rappresenta un attacco al ruolo del sindacato confederale. La riconquista di un forte sistema contrattuale che contrasti e superi l’accordo separato rappresenta un obiettivo prioritario per la Filctem e la Cgil. Occorre definire nuove regole generali, comuni, condivise ed un modello contrattuale su due livelli. Come Filctem riconfermiamo il ruolo centrale e universale del contratto nazionale, mentre occorre estendere e qualificare la contrattazione decentrata. Dobbiamo anche provare a sperimentare la contrattazione di sito o di filiera con l’obiettivo della ricostruzione dei cicli produttivi nonché della valorizzazione di tutte le professionalità presenti all’interno della stessa o del sito produttivo. Il congresso ritiene inoltre che la contrattazione territoriale ricopre un ruolo fondamentale per la salvaguardia della coesione sociale, l’estensione dei diritti di cittadinanza nonché, quale strumento di competitività di sistema, delle politiche attive del lavoro e delle politiche industriali. Essa è anche il luogo di coinvolgimento e confronto con Regioni ed Enti locali, con cui stabilire priorità sociali ed economiche, risorse e “governance”. La Filctem ha scelto nelle piattaforme presentate – pur con tante difficoltà, rispetto a un contesto economico difficile ed al deterioramento dei rapporti unitari – di porsi l’obiettivo di rinnovare unitariamente i contratti, impostare le piattaforme sui tre anni, evitare l’applicazione dei contenuti per noi inaccettabili presenti nell’accordo separato, definire regole unitarie di consultazione per l’approvazione sia delle piattaforme sia degli accordi e conseguire importanti risultati normativi e di tutela del salario. Il congresso ritiene che questa scelta, pur in presenza di un dibattito articolato, abbia prodotto il complessivo buon esito dei contratti firmati unitariamente.

Ma la condizione indispensabile per il sostegno alla evoluzione delle trattative e ad una corretta valutazione del suo esito è anche lo stretto e costante rapporto che deve instaurarsi tra le delegazioni trattanti, i delegati sindacali e i lavoratori. Ad oggi per i settori rappresentati dalla Filctem sono stati raggiunti sei importanti rinnovi: il contratto delle lavanderie, il chimico-farmaceutico, quello dell’occhialeria, la gomma-plastica, l’elettrico, energia e petrolio. Il congresso ritiene che i risultati raggiunti possano rappresentare un contributo alla necessità di rendere inapplicabili i contenuti dell’accordo separato e creare contraddizioni fra il fronte imprenditoriale ed il Governo, favorendo la necessaria ridefinizione delle regole contrattuali. Anche per gli altri tavoli aperti (gas-acqua e quello importante per dimensioni come il tessile-abbigliamento, cuoio e calzature, così come per i comparti delle aziende artigiane), nonché quelli che si apriranno a breve (ceramica, vetro, concia e miniere), è auspicabile che si possa raggiungere un’ ipotesi di intesa unitaria in tempi brevi. Il congresso impegna tutta la categoria ad aprire alla fine di questa stagione contrattuale una riflessione serena e puntuale, quantitativa e qualitativa, sui percorsi democratici e sui risultati ottenuti, oltre agli orientamenti di contenuto e strategici della contrattazione di secondo livello, che dovrà svilupparsi nei prossimi mesi.

UNITA’, DEMOCRAZIA, RAPPRESENTATIVITÀ

La stagione che abbiamo di fronte dovrà fare della democrazia e della forza del pluralismo il cuore di una fase che superi divisioni e contrapposizioni. Fra le tante sfide che abbiamo di fronte quella della rappresentatività e della democrazia sindacale è la sfida più difficile ma anche la più decisiva, perché la democrazia sindacale è parte fondante della democrazia del Paese.

Il solco tracciato con gli accordi separati, aventi come chiaro obiettivo quello di isolare la Cgil, è profondo ed è sulle regole, non solo della contrattazione, ma anche della democrazia e della rappresentanza. In discussione è il modello e il ruolo del sindacato confederale. Come Filctem possiamo dare il nostro contributo. Di fronte ad una crisi di tale portata come quella che stiamo attraversando è necessario rilanciare con forza il tema dell’unità. Siamo consapevoli che non c’è unità senza le regole della democrazia sindacale e senza la certificazione della rappresentatività. Intendiamo la democrazia come partecipazione, a partire dalla informazione, dal ruolo decisionale delle delegazioni trattanti, dalla consultazione di mandato e dalle scelte attraverso il voto certificato sia delle piattaforme che dell’esito degli accordi, elemento essenziale per ricostruire l’unità tra le organizzazioni sindacali.

Il congresso infine ritiene che la Cgil debba scegliere di riprendere l’iniziativa a favore di una proposta di legge sulla democrazia e sulla rappresentanza.

(approvato con 343 voti favorevoli, 54 contrari, 1 astensione)

Pesaro, 9 aprile 2010