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Appalti Ferroviari, la crisi non è finita

Genova, 17 Luglio 2018

 

Attorno al trasporto ferroviario ruota un indotto vastissimo. Si tratta di attività di servizi e forniture, oppure di opere infrastrutturali e di manutenzione. Si dice infatti che il Gruppo Ferrovie dello Stato sia ormai la prima stazione appaltante in Italia, a maggior ragione dopo la recente incorporazione di Anas.
Da anni il sindacato di categoria si occupa anche dei lavoratori che svolgono in appalto i servizi di pulizia, di ristorazione, di accompagnamento dei vagoni letto e di supporto alle persone a mobilità ridotta, per conto del Gruppo FSI. Quindi, si confronta anche con tutto il mondo delle società che operano nei servizi del terziario, e con tutti i problemi tipici di questo segmento. In questo modo l’attività sindacale si espleta in una logica di filiera, contrattando con committente e appaltatore, sfruttando tutte le sinergie possibili  in un’ottica di inclusione.
L’azione sindacale ha portato al riconoscimento della clausola sociale nei bandi di gara: regola che prevede, in occasione dei cambi appalto, il passaggio dei lavoratori dall’azienda uscente a quella subentrante con il contestuale mantenimento dei diritti acquisiti. Un altro risultato altrettanto soddisfacente è stato il riconoscimento del contratto di settore delle Attività Ferroviarie a un perimetro di attività individuate. Soluzione che viene messa in discussione dalle associazioni datoriali in occasione di ogni rinnovo contrattuale, quando le aziende provano a demolire le tutele per abbattere il costo del lavoro in un settore ad altissima intensità di manodopera, dove cioè è quasi impossibile ottenere risparmi in altro modo.
Con il rinnovo contrattuale di dicembre 2016, dopo un braccio di ferro con Confindustria, abbiamo anche ottenuto di continuare ad applicare ai lavoratori soggetti a cambio appalto l’articolo 18 pre-jobs act (forse non tutti sanno che p0er le norme di legge i lavoratori interessati da cambio appalto non hanno più diritto alle tutele contro i licenziamenti discriminatori solo perché cambiano datore di lavoro).
Impagabile infine è stato il risultato della raccolta firme della CGIL per il ripristino della responsabilità solidale, che oggi ci permette di rivalerci nuovamente sulla committenza quando l’appaltatore è inadempiente rispetto alle retribuzioni, fatto che in questo mondo avviene con notevole frequenza.
Gli anni della crisi del debito pubblico hanno segnato il settore degli appalti ferroviari in modo irreversibile, dal punto di vista dei volumi di attività assegnate.  Il taglio ai finanziamenti per il trasporto pubblico locale ha ridotto il numero di treni in circolazione, perché sono stati ridotti i budget a disposizione delle Regioni per il trasporto regionale. Anche il contratto di servizio universale, che finanzia i treni a lunga percorrenza, in quella fase era stato ridotto pesantemente, a iniziare dalla quasi totale cancellazione dei treni notte nel 2011. (ci ricordiamo tutti i lavoratori sulle torri di Milano Centrale nel 2011). Numerose linee secondarie in regioni importanti furono chiuse per risparmiare su gestione e manutenzione, mentre un nuovo operatore entrava prepotentemente sul mercato dell’alta velocità mettendo in discussione gli incassi dei frecciarossa, fino ad allora in monopolio. Contemporaneamente, il mercato del trasporto merci su ferro cedeva il 50% del mercato agli operatori privati.
Con i tagli ai servizi delle società del gruppo FS si sono contestualmente ridotti i valori degli appalti, ed abbiamo iniziato ad applicare gli ammortizzatori sociali, per ridurre i drammi occupazionali dei licenziamenti. Siamo passati dagli ammortizzatori in deroga (finché sono esistiti), alla mobilità (fino alla sua cancellazione), alle casse integrazioni di ogni genere, dalle ordinarie alle straordinarie, ai contratti di solidarietà (fino alla loro prossima scadenza a settembre 2018). Oggi utilizziamo la Naspi con il suo inesorabile decalage, che non permette una sopravvivenza dignitosa durante gli ultimi mesi di applicazione.
Abbiamo attraversato tutte le riforme del mercato del lavoro, delle pensioni e degli ammortizzatori sociali, dalle leggi Fornero, ai vari decreti del Jobs act, fino al decreto dignità, senza trovare alcuna soluzione agli esuberi del settore, semplicemente perché l’unica soluzione sarebbe di aumentare la produzione.
Dopo il notevole allungamento dell’età pensionabile che nel 2012 ha colpito tutti, senza discriminare tra lavorazioni più o meno pesanti, bloccando le uscite e impedendo una parziale soluzione agli esuberi in modo non cruento, ci siamo illusi che con l’anticipo pensionistico approvato nel 2016/2017, fra le 14 categorie tutelate come professioni gravose fossero ricompresi anche gli appalti ferroviari delle pulizie. Invece, di fronte al respingimento delle domande, con il nostro patronato abbiamo dovuto prendere atto che l’inps non riconosce ai lavoratori che puliscono i treni la stessa gravosità di chi pulisce gli uffici, perché i codici Istat sono diversi.
Oggi in Liguria ci troviamo a gestire ancora un centinaio di esuberi su circa 450 lavoratori, con gli ammortizzatori sociali in scadenza il 24 settembre 2018, senza alcun impegno da parte della committenza a trovare una soluzione in termini di aumento di volumi di attività assegnate, nonostante i notevoli utili dichiarati ad ogni chiusura di bilancio. Insomma, la crisi per FSI pare essere finita, ma per gli appalti ferroviari sembra solo l’inizio, e per questo scioperano il 20 luglio.

Laura Andrei
Segretaria regionale Filt Cgil con delega alle attività ferroviarie