Leggendo l’articolo pubblicato in questi giorni sul Secolo Decimonono del Levante dal titolo “Aule nell’entroterra da utilizzare per la dad”, visto il tema attualissimo portato alla ribalta dagli studenti, tocca dire qualcosa in merito.
Andando per punti voglio innanzi tutto ricordare che detta modalità è stata imposta l’anno scorso come conseguenza del lockdown per surrogare l’impossibilità degli alunni di frequentare la scuola, così come è stato imposto il lavoro in modalità smartworking agli assistenti amministrativi.
Dal punto di vista sindacale successivamente siamo riusciti a costruire un protocollo di sicurezza nazionale che ha permesso lo svolgimento degli esami di maturità in presenza in condizioni di sicurezza.
All’inizio di questo anno scolastico insieme a Cisl e Anief abbiamo sottoscritto un Contratto Nazionale Integrativo concernente la Didattica Integrata a Distanza proprio per delineare contrattualmente una didattica emergenziale e in cui abbiamo ribadito che questa forma di didattica possa essere percorsa solo in situazione emergenziale covid.
Non mi dilungo sul fatto che questa didattica sia un limitato surrogato della didattica in presenza, accenno solo al deteriore impatto di una didattica dove viene azzerato l’aspetto sociale di relazione diretta tra alunni e tra alunni e corpo insegnante. La scuola, infatti, è anche il luogo dove si sviluppano le necessarie dinamiche del vivere sociale, aspetto peraltro ribadito con l’implementazione dell’insegnamento dell’educazione civica in tutti gli ordini di scuola, con la dad si annulla in tal senso il valore esperienziale diretto, sul campo.
E’ del tutto evidente anche l’esplosione del fenomeno dispersivo già prepotente nei numeri degli iscritti soprattutto delle superiori. In quest’ottica è altrettanto evidente che a soccombere nell’insuccesso scolastico siano sempre di più le fasce deboli. Quindi si può sostenere che la dad è un brutto surrogato della didattica vera che esacerba fenomeni che conosciamo e contro cui la scuola sta da tempo cercando di combattere.
E’ vero che i ragazzi delle aree interne soffrano le distanze affrontando viaggi impegnativi per recarsi a scuola, ma qui si dovrebbe intervenire ampliando l’offerta formativa in presenza non diminuendola.
Nell’ultimo provvedimento relativo al dimensionamento della rete scolastica che ha deciso l’Area Metropolitana ex Provincia, c’è stato il tentativo di affrontare il problema cercando di implementare un corso a Torriglia del Liceo Pertini e un corso a Rezzoaglio del liceo delle Scienze Applicate in carico all’IIS Natta. Personalmente le ritengo scelte inappropriate che si muovono in direzione contraria agli interessi degli stessi alunni residenti. Mi spiego: a mio parere qualsiasi scelta andrebbe presa “leggendo” le caratteristiche del territorio cercando di valorizzare il territorio stesso, E’ fondamentalmente sbagliato pensare di avvicinare le scuole creando piccole sezioni di paese per evitare ai ragazzi di muoversi, penso che nonostante la fatica sia interessante per i ragazzi avere l’opportunità di socializzare con coetanei che abitano in zone diverse dando loro la possibilità reale di ampliare le conoscenze confrontandosi con realtà di vita diverse. Credo, invece, che possa essere interessante il contrario: se creiamo una sezione agraria o alberghiera in un contesto come quello della Val d’Aveto, così ricca di prodotti d’eccellenza tipici inserita in una realtà di area montana dov’è anche un Ente parco e facciamo interagire con essa dei ragazzi già interessati a determinate attività facendo loro conoscere questa realtà direttamente e quotidianamente, anche grazie ad attività di stage previste come alternanza scuola lavoro, forse riusciamo ad intercettare e a creare un vaso comunicante tra popolazione in apprendimento e popolazione residente di zone peraltro ad alto tasso di spopolamento che potrebbe essere un volano interessante di sviluppo a tutto tondo, culturale ed economico.
Lasciamo perdere idee fantasiose di implementazione di modalità di didattica già dimostratesi fallimentari per rincorrere facili risparmi di spesa, non sono queste logiche di cui la scuola ha bisogno.
Maurizio Mana Segretario Flc Cgil Genova