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Oggi 30 giugno 2025 si è svolta la consueta giornata in ricordo dei fatti del 30 giugno 1960. All’iniziativa di Cgil e Anpi sono intervenuti la sindaca di Genova Silvia Salis che ha portato i saluti istituzionali della città, Igor Magni Segretario generale Cgil Genova e Massimo Bisca Presidente Anpi Genova. Le conclusioni sono state affidate a Maurizio Landini, Segretario generale Cgil nazionale.

Di seguito l’intervento del Segretario generale della Camera del Lavoro di Genova Igor Magni:

Sig.ra Sindaca, compagne e compagni, cittadine e cittadini, amiche e amici,

Siamo qui oggi, in questi stessi luoghi, a 65 anni di distanza, per ricordare una data fondamentale per Genova e per l’Italia intera: il 30 giugno 1960.

Quel giorno, la nostra città si oppose con forza alla provocazione del MSI, erede del fascismo, che, approfittando della situazione politica nazionale, intendeva tenere il proprio congresso a Genova,           provocazione aggravata dalla volontà di far presiedere il congresso a Carlo Emanuele Basile, prefetto fascista della nostra provincia durante la Repubblica Sociale Italiana.

Basile era il responsabile delle persecuzioni antiebraiche a Genova, dell’esecuzione di otto detenuti politici a Forte San Giuliano e della deportazione di 1.500 lavoratori delle fabbriche genovesi, il 16 giugno 1944, come ritorsione per gli scioperi del 1943/44, che diedero il via alla Resistenza partigiana nella città fino alla Liberazione.

La notizia di questo congresso scatenò una protesta imponente, culminata nello sciopero generale proclamato dalla Camera del Lavoro per il 30 giugno.

Il 30 giugno 1960 fu una giornata storica per Genova, che vide protagonisti, come spesso accaduto nella nostra città, i lavoratori, in particolare i giovani portuali, i ragazzi dalle magliette a strisce, e una vasta mobilitazione popolare che evitare l’onta del congresso post fascista e poi l’allargamento di una lotta in tutto il paese che porto alla caduta del governo Tambroni.

Oggi, 30 giugno 2025, siamo qui anche per dire a chi tenta di riscrivere la storia – a chi colleziona busti di Mussolini invitando le persone a non votare al referendum ricoprendo importanti cariche dello stato, a chi afferma che cantare “Bella Ciao” sia peggio di emulare con le braccia il simbolo della Decima Mas – a chi pensa che serva rivedere il reato di tortura, a chi pensa che le guerre siano necessarie, a quelli che credono che si governa comandando con i decreti sicurezza, a chi vuole equiparare liberatori e occupanti, torturatori e torturati, fascisti e partigiani che noi difenderemo i valori della democrazia, la memoria della resistenza, la centralità della nostra costituzione con la trasmissione della memoria ma guardando ad un domani di pace, diritti, lavoro stabile e libertà per tutti i popoli della terra.

Oggi viviamo una situazione internazionale di estrema difficoltà: le guerre in Ucraina e in Palestina, con migliaia di morti e bambini uccisi senza pietà; conflitti dimenticati; tensioni sottovalutate; la corsa al riarmo e il rischio concreto di un allargamento dei conflitti verso una guerra mondiale.

Oggi come allora, il mondo del lavoro può e deve essere protagonista di una riscossa sociale, morale e civile. Questa riscossa può concretizzarsi solo contrastando democraticamente ogni tentativo di stravolgere la nostra Costituzione, opponendosi alle riforme del premierato e dell’autonomia differenziata, perché il Paese va unito, non diviso o frammentato. Oggi abbiamo bisogno di una politica “alta”, che sia d’esempio e risponda ai bisogni delle persone. È tempo di cambiare pagina.

Siamo stufi delle guerre e degli attacchi ai diritti sociali e civili. Non si può imbavagliare l’informazione. I migranti non possono continuare a morire in mare e, quando arrivano nel nostro devono essere accolti dignitosamente.

Non si può morire sul posto di lavoro. Nel nostro Paese esiste un sistema imprenditoriale che tollera lo sfruttamento e il caporalato, e vorremmo non essere soli in questa battaglia.

La CGIL continuerà la propria lotta, compagne e compagni, amiche e amici. La nostra mobilitazione prosegue nelle piazze, sui posti di lavoro, dopo i referendum sul lavoro senza trascurare niente e nessuno. Dobbiamo unire lavoratrici e lavoratori, dentro e fuori i nostri confini, per costruire un paese migliore, un mondo di diritti per tutte e tutti in pace.

Non faremo passi indietro sui diritti del lavoro e civili perché non dobbiamo vergognarci quando passiamo davanti ai monumenti che ci ricordano il sacrificio di partigiane e partigiani, di madri e padri costituenti che per questi hanno dato la loro vita. Su questa strada, noi andiamo avanti.

Al lavoro, alla lotta!