Il 17 novembre scorso in occasione della Giornata Mondiale dei Poveri, la Caritas diocesana, la Fondazione Auxilium, Sant’Egidio e San Marcellino hanno scritto una lettera aperta alla città che non si può e non si deve lasciar cadere nel vuoto. La lettera colpisce perché gli enti che l’hanno pensata si rifanno, ovviamente, ai valori cristiani che sono stati coniugati con lucidità e concretezza ai valori della Carta Costituzionale che, da sempre, rappresentano un riferimento fondamentale per il nostro agire sindacale e civile e che dovrebbero essere alla base dei diritti fondamentali di tutti i cittadini, lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, ma soprattutto per tutti quelli che oggi un lavoro non lo hanno, non lo trovano e non sono in grado di vivere una esistenza dignitosa. Oggi, molti di coloro che vivono del proprio lavoro o della propria pensione faticano ad avere quella dignità che ogni essere umano dovrebbe avere per sé e per la propria famiglia. Secondo i dati Istat, nel 2023 in Italia, il 16,5 per cento delle famiglie con un famigliare che lavora si sono trovate in stato di povertà assoluta: l’anno prima erano state il 14,7 per cento. Non meno di 100 mila giovani ogni anno lasciano il nostro paese alla ricerca di lavoro qualificato in altri paesi; nella nostra città su dieci nuovi assunti, otto hanno contratti precari, per la maggior parte inseriti in settori dove imperano i contratti di lavoro pirata, in grigio o in nero senza prospettive che possano creare aspettative concrete di stabilità economica e progettualità futura.
L’assenza di una politica industriale che possa generare volano economico anche per gli altri settori economici e del lavoro, per l’Italia e per Genova, è ormai evidente e in questa fase di crisi internazionale nella quale si stanno, nel peggior modo possibile, ridefinendo gli equilibri internazionali e il nuovo ordine mondiale è un elemento dirompente con ricadute negative sulle famiglie, si fanno i conti con problemi che pensavamo superati dai tempi. Oggi, garantirsi cure mediche appropriate, assistenza sociale, buon lavoro e un tetto sulla testa sembrano diventati problemi insormontabili, la cui soluzione spesso è lasciata alla buona volontà, al buon senso e al lavoro incessante delle associazioni di volontariato e del terzo settore, cattoliche e laiche. Sono questi soggetti ad adoperarsi sui territori per evitare il collasso e provare a costruire politiche dal basso che dovrebbero essere ascoltate da politica e istituzioni e diventare la base per la costruzione di un contesto sociale dignitoso obiettivo minimo dello Stato, delle Regioni e dei Comuni, questi ultimi troppo spesso assenti e senza risorse. Siamo stufi di una politica che genera mostri, che sposta l’attenzione dai problemi reali delle persone e non assolve ai propri obblighi. In un mondo tornato a regolare le controversie internazionali attraverso la guerra che, oltre a una scia di distruzione e di morte, lascerà tutti, anche noi, in una condizione peggiore di prima, dove miliardi vengono spesi in armamenti, compreso il nostro paese che ha una previsione di spesa militare di 32 miliardi per il 2025, di cui 13 per nuove armi, e con relativi sacrifici sulle spalle di chi vive di salario o pensioni, riporto una frase della lettera aperta alla città “in un mondo dove vivere insieme è sempre più complesso è necessario creare spazi di incontro, capaci di armonizzare le differenze presenti nel tessuto sociale e promuovere una cultura del convivere”.
Questo concetto dovrebbe essere il fondamento di una società giusta per tutte e tutti, per la quale noi continuiamo a lavorare. È necessario respingere le idee di chi alimenta le divisioni tra poveri e comprendere pienamente il contenuto della lettera. Questa non deve essere solo uno spunto di riflessione per chi già condivide questi principi, ma anche una base su cui la politica dovrebbe esercitarsi, cercando soluzioni di buon senso e avviando una discussione costruttiva.
Per questo vogliamo cogliere questa occasione di dialogo nella nostra città, che spesso è stata capace, a partire dal mondo del lavoro, di inaugurare nuove e positive fasi storiche. Abbiamo il dovere di provarci.
Igor Magni, Segretario Generale Camera del Lavoro di Genova