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Quando i migranti eravamo noi: il ghetto di via Lugo

Un ghetto e una lotta che ha impiegato più di 25 anni per arrivare finalmente a veder riconosciuti diritti elementari, ma sempre negati. E’ la storia di via Lugo: un centro alberghiero per accogliere e smistare i migranti arrivati a Genova, per un tempo massimo di diciotto mesi.

Sembra cronaca di oggi, invece no. La data di nascita di quei cinque caseggiati è l’aprile del 1952 e gli “ospiti” eravamo noi: persone arrivate dal Sud Italia in cerca di lavoro. Corsi e ricorsi della storia, cui lo SPI Cgil di Genova ha deciso di dedicare un percorso di approfondimento, coinvolgendo gli studenti del Liceo classico e linguistico Colombo.

Si scopre così, grazie alla tesi di laurea di Michele Giordano e alle foto di Angelo Gaulco, che quel centro “gaio, intimo e dotato di ogni comfort”, era in realtà sorvegliato 24 ore su 24, che gli abitanti erano schedati e che per entrare bisognava presentare una tessera di riconoscimento. E poi i servizi in comune e le docce a pagamento, l’acqua che non arrivava ai piani alti, il sovraffollamento.

Infine, dopo lunghissimi anni, il riscatto: nel 1972/73 nasce un Comitato inquilini e iniziano le lotte per i diritti. Arrivano i corsi serali per ragazze e ragazzi, contro l’emerginazione scolastica, le prime migliorie e poi, con la giunta Cerofolini, i lavori di ristrutturazione degli stabili. “Il Lavoro”, nel maggio 1980, titola “Via Lugo, un ghetto scomparso”. Con la fine del Centro, però, a San Teodoro arrivano anche, in parte, i trasferimenti di abitanti, nelle case popolari del Cep e di Sestri Ponente: a disperderne una cultura fatta di difficoltà quotidiane, ma anche di lotta ed emancipazione.