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“Autonomia differenziata: no a un disegno sbagliato” è il titolo dell’incontro pubblico organizzato oggi a Genova da Cgil Liguria. L’obiettivo è quello di dibattere sulle criticità che il disegno di legge sull’autonomia differenziata potrebbe determinare sulla tenuta unitaria del Paese e sulla condizione socio economica delle persone e dei territori.
La giornata è stata aperta dall’intervento del Segretario Generale Cgil Liguria Maurizio Calà e dal contributo del Prof. Giovanni Maria Flick Presidente Emerito della Corte Costituzionale; alla tavola rotonda hanno partecipato il Prof. di Diritto Costituzionale e già Ministro della Salute Renato Balduzzi, il Dott. Mario Sommariva Presidente Autorità Portuale Mar Ligure Orientale, la Dott.ssa Elena Tramelli Dirigente scolastica dell’I.C. Teglia e Christian Ferrari Segretario Nazionale Cgil.
Per Maurizio Calà Segretario Generale Cgil Liguria quello sull’autonomia “E’ un disegno di legge che, insieme a quello sul premierato, fa parte di una strategia pericolosa della maggioranza di governo, che stravolge la Costituzione e mira a spaccare il Paese, a svilire il ruolo e l’autonomia del Parlamento, a sottrarre prerogative Costituzionali al Presidente della Repubblica e a concentrare tutti i poteri sul Presidente del Consiglio, che peraltro oggi è sostenuto da maggioranze votate, quando va bene, dal 25% degli italiani”.
L’allarme del sindacato è sul fatto che, se passasse il disegno di legge, si allargherebbero i tanti divari italiani e non solo quelli tra nord e sud.
La Liguria riceve dallo Stato in trasferimenti e servizi pubblici, più risorse rispetto a quelle versate. Il residuo fiscale ligure ammonta a +1.045 euro pro-capite tra spese ed entrate, unica regione del Nord-Ovest che riceve di più di quanto incassa, gettito fiscale che può diminuire per effetto della crisi demografica: tra il 2011 ed il 2023, si è verificato un decremento demografico di quasi 70 mila abitanti (5%) con una media degli over 65 di cui abbiamo il primato nazionale. Il capitolo sanità è tra i più scottanti. Il definanziamento del fondo sanitario nazionale, programmato dal governo Meloni, che passerà dal 6,9% del PIL del 2021 al 6,1% del Pil nel 2026, diversamente dalla Germania dove si spende quasi il 10% di un Pil ben più consistente, taglierà le risorse per parecchi milioni di euro anche alla sanità Ligure. Secondo i dati della Fondazione GIMBE la Liguria è l’unica regione del nord che ha un saldo passivo di mobilità sanitaria interregionale. I liguri hanno sborsato, in risorse pubbliche erogate ad altre regioni negli ultimi 10 anni, ben 488.380.000 euro per pazienti che sono stati costretti a curarsi fuori regione. Secondo gli elaborati di Marco De Silva, responsabile dell’Ufficio Economico Cgil Genova e Liguria, su dati Alisa c’è un peggioramento, marcato e diffuso, dei tempi delle liste d’attesa in Liguria: su 14 prestazioni sanitarie prese in esame nelle diverse ASL liguri, dal 2019 al 2023, nella Asl 1 si assiste ad un aumento percentuale dei tempi di attesa nell’85,7% dei casi. In Asl 2 del 92,9%; in Asl 3 (escluso San Martino) e Asl 4 dell’85,7 per cento; in Asl 5 del 71,4%.
Il sindacato lancia l’allarme anche sulle condizioni contrattuali e di reddito. Con il disegno sull’autonomia differenziata si rispolvera il modello delle vecchie gabbie salariali, in un mercato del lavoro ligure che già presenta forti criticità. Dei nuovi assunti in Liguria meno del 10% ha contratti a tempo indeterminato. Oltre il 4% è in apprendistato mentre ben l’86% è assunto con contratti precari. Sul totale degli assunti il part time ha un’incidenza del 40% (dati INPS, II trimestre 2023). Insomma non solo precari ma con bassi salari e intensità lavorativa. A questo va aggiunto che solo il 37,6% della popolazione ligure ha una fonte di reddito da lavoro dipendente contro il 47,1% del nord ovest e persino il 44,3% della media italiana (peggio della Liguria solo il Molise). Che in questa regione ci sia un problema salariale è talmente vero che in su 375 mila lavoratori dipendenti ben 73 mila, il 19%, hanno salari orari inferiori ai 9 euro. Le retribuzioni lorde medie da lavoro dipendente sono di 26.607,30 euro ossia il 4% in meno rispetto alla media delle regioni del Nord Italia. Ecco perché piuttosto che spaccare l’Italia con una norma sull’autonomia differenziata sarebbe necessaria una legge sul salario minimo e sulla rappresentanza sindacale.
Questo quadro socio economico produce anche in Liguria povertà. Quasi un quarto della popolazione ligure è a rischio povertà o esclusione sociale. Questo dato del 2022 è in aumento di 2,7 punti percentuali rispetto al 2021. Ed è il livello più elevato di rischio povertà tra tutte le regioni del Nord Italia.
“C’è un pericolo per la democrazia, ma c’è anche un pericolo concreto per la condizione materiale delle persone e per lo sviluppo del Paese – conclude Calà. Rischiamo un Paese diviso. Una regressione rispetto a quel Risorgimento Mazziniano che fece l’Italia tanto citato dal Presidente del Consiglio. Oggi in questo Paese i veri patrioti siamo noi, decisi a difendere la democrazia, la solidarietà, l’identità e la coesione nazionale contro chi la vuole sfasciare”.