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I SEGRETARI GENERALI DI CGIL PIEMONTE E CGIL LIGURIA, PIER MASSIMO POZZI E FEDERICO VESIGNA, “STIAMO VIVENDO TUTTE LE CONTRADDIZIONI DI UN SISTEMA CHE E’ ANDATO DEFINITIVAMENTE IN CORTO CIRCUITO, SENZA INFRASTRUTTURE RISCHIAMO DI PERDERE LE OCCASIONI DI SVILUPPO, SERVE UNA INIZIATIVA CONGIUNTA DELLE DUE REGIONI”.

Non c’è mai fine al peggio. Dopo il crollo del Ponte Morandi, che ha spezzato in 2 la Liguria, sono saltate le principali direttrici che collegano la Liguria con il Piemonte. Nel giro di poche ore è crollato un viadotto della Savona Torino e – su sollecitazione della Procura – Aspi ha chiuso un tratto della A26 per assenza di adeguate condizioni di sicurezza.

Drammaticamente stiamo vivendo tutte le contraddizioni di un sistema che è definitivamente andato in corto circuito.

La Liguria ha la più alta concentrazione di viadotti e gallerie, con costi di manutenzione della rete inevitabilmente più alti, ma se vince la logica del profitto i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Di fronte ad un’autostrada che cade a pezzi il concessionario deve assumersi tutte le responsabilità, che però riguardano anche le istituzioni alle quali è difficile dare fiducia, se non sono neppure in grado di garantire il diritto di muoversi in sicurezza. I collegamenti tra la Liguria e il Piemonte sono fatti di autostrade vecchie e malconce, ferrovie secondarie con forti pendenze e lunghi tratti a binario unico.

Cosa deve ancora succedere per convincerci della necessità di investire nelle infrastrutture?

Terzo Valico, Gronda, ma anche raddoppio del binario sulla Savona-Torino: il sistema portuale ligure per svilupparsi e crescere ha bisogno di una capillare rete logistica fatta d’infrastrutture e di aree retro-portuali che sono tutte oltre Appennino. Senza infrastrutture oggi rischiamo di perdere le occasioni di sviluppo, determinate dalle possibilità di intercettare le modifiche in atto nelle grandi direttrici dei traffici portuali e della logistica ma, più banalmente, senza infrastrutture è difficile parlare anche di turismo. Si faccia tutto quello che è necessario per garantire la sicurezza.

Si definisca un grande piano d’investimenti sul dissesto idrogeologico, per la messa in sicurezza del territorio e, attraverso ciò, aumentando anche le possibilità che oggi ci sono di sviluppo agricolo e turistico ambientalmente sostenibile. Un grande piano costruito usando le competenze scientifiche universitarie che abbiamo, usando bene i fondi già disponibili e non utilizzati efficacemente per il rimpallo sulle competenze e l’impossibilità di progettazione e messa in opera dei piccoli comuni, le comunità montane e le Province. Lo si faccia nel più breve tempo possibile per ridurre i disagi e gli aggravi di costo per il sistema paese.

Ma è evidente a tutti che si è perso fin troppo tempo.

Il rischio isolamento è diventato una tragica realtà ma non è un problema solo per la Liguria, perché a risentirne sarà tutta l’economia del nord ovest, a partire dal basso Piemonte. Per questo serve un’iniziativa congiunta delle amministrazione delle due regioni. Le infrastrutture e la cura del territorio devono diventare una priorità dell’azione di governo a livello locale.

Si ripristini nel più breve tempo possibile la viabilità ordinaria, ma si cominci a lavorare per il futuro, per ridurre le tragedie e i danni che oggi subiscono le popolazioni. Si completino le opere già finanziate e si reperiscano le risorse per quella “cura del ferro” che deve accompagnare la prossima entrata in funzione del terminal di Vado.

Alla politica spetta il compito di farsi trovare pronta a quest’ultima prova di appello.