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Per il lavoro occorre puntare sulla formazione

Quando due anni fa il Servizio Orientamento Lavoro della Cgil di Genova ha aperto era il tempo in cui il Ministro Poletti parlava di bamboccioni e dell’importanza del calcetto rispetto ad un curriculum. Ora al governo c’è chi allora era all’opposizione e chiedeva cambiamento che per ora non è arrivato. Penso ad istruzione e innovazione per gli under 35 che sono ancora i grandi assenti dalla Legge di Bilancio. Come si può pensare che questo problema non sia destinato a esplodere e a trasformarci in un paese sempre meno sviluppato? Chi pagherà non saranno solo le nuove generazioni ma il paese intero. Oggi l’Italia è il paese con il maggior numero di ragazzi che non studiano e non lavorano e quando questi ad un certo punto cresceranno il problema esploderà in tutta la sua drammaticità. L’ascensore sociale in Italia è fermo: la possibilità di progredire tramite l’istruzione nel nostro paese è quasi impossibile. Solo il 12% dei ragazzi svantaggiati riesce bene negli studi, le difficoltà si vedono già a 10 anni; il livello culturale dei genitori continua a influire anche sulla scelta di garantire ai figli un tipo migliore di educazione. Il 12% che resiste frequenta per lo più un liceo e questo per una determinata forza personale di chi ha compreso che proprio la scuola possa essere la prima e più alta opportunità di cambiamento per le singole vite. Questi giovani hanno principalmente tre motivazioni: l’assiduità del ragazzo in classe, l’origine sociale media dei ragazzi dell’istituto (contesto economico), un miglior clima di disciplina a scuola. Questi dati sono ben rappresentati da uno studio recentemente pubblicato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Secondo l’Ocse la metà degli studenti italiani meno abbienti frequenta il 25% delle scuole con più problemi, solo il 6% è iscritto a istituti più prestigiosi. Ocse parla di questo come di livello di segregazione. Il rapporto pubblicato sottolinea le forti iniquità nelle possibilità di accesso a scuole e insegnanti esperti e qualificati. Le scuole superiori con più concentrazione di studenti svantaggiati tendono ad avere una percentuale minore di insegnanti abilitati. Le scuole difficili e periferiche hanno più insegnanti precari, spesso giovani, che tendono poi a lasciare l’istituto. Le disparità di origine sociale si riflettono sul benessere generale, sul senso di appartenenza, sull’inclusione: un gap che la scuola dovrebbe colmare. Per la Cgil formazione ed istruzione sono priorità e valori sui quali investire per poter ricostruire nuovi legami di solidarietà. Come Cgil ci stiamo provando: è ferma in Parlamento la nostra legge di iniziativa popolare che abbiamo chiamato Carta dei diritti universali, nata proprio per includere milioni di persone, in particolare i giovani, che sono esclusi per vari motivi, tra cui appunto l’istruzione, dal mondo del lavoro; l’obiettivo è di farli diventare in un futuro speriamo prossimo cittadini consapevoli e lavoratori portatori di diritti e doveri dell’era digitale.

Emanuela Traverso operatrice Servizio Orientamento Lavoro Cgil Genova

Genova, 3 aprile 2019