Conclusioni Igor Magni Segretario Generale Camera del lavoro di Genova – Genova, 3 ottobre 2025
BOZZA NON CORRETTA
Compagne e compagni, lavoratrici e lavoratori, cittadine e cittadini,
oggi è stata ancora una giornata di lotta e di solidarietà con la consapevolezza che la nostra voce ha attraversato le piazze, le fabbriche, le scuole, i luoghi della cura e della conoscenza.
Oggi si alza forte, ancora una volta, la voce del mondo del lavoro di ogni settore, pensionate e pensionati, studentesse e studenti, associazioni laiche e cattoliche, ma ancora non basta.
Perché mentre noi gridavamo “pace”, il mare gridava “violazione”.
Chiudiamo questa manifestazione con la consapevolezza che la nostra voce non è solo protesta: è memoria, è storia, è futuro.
È la voce di chi lavora, di chi lotta, di chi non si piega, è lo sforzo e la voglia di costruire una società migliore ed un mondo diverso per il popolo palestinese sottoposto a sofferenze inumane, sottoposto ad un genocidio e trattato come fosse qualcosa di cui sbarazzarsi: è la voce che si alza dalle piazze e che rivolge il suo pensiero a tutti i popoli coinvolti da guerre e conflitti.
Il blocco della Global Sumud Flotilla, una missione internazionale e pacifica che rappresenta noi tutte e tutti e non solo il nostro paese, come malamente la Presidente del Consiglio ha cercato di far credere, è l’ennesima ferita aperta nel diritto internazionale.
Barche composte da civili e cariche di aiuti umanitari sono state intercettate dalla Marina israeliana in acque internazionali, i passeggeri sono stati trattenuti, le comunicazioni interrotte.
Un atto di forza contro la solidarietà e l’umanità di chi per tutti noi, per dirla come Don Gallo, ha osato la speranza.
Quanto avvenuto è un crimine contro la legalità.
Il diritto internazionale è stato violato. Ancora una volta.
In tutto questo le dichiarazioni del nostro governo e i tanti, troppi, silenzi sono il segno di una debolezza, di una sottomissione, di una pochezza istituzionale ma al tempo stesso di una arroganza che ancora una volta non riflette il pensiero dei cittadini di questo paese e che lascia sgomenti di fronte a quanto accade.
Purtroppo non siamo nuovi a tutto questo: il movimento operaio, il movimento di lavoratrici e lavoratori, ha sempre saputo rompere il silenzio quando la storia lo chiedeva. Lo ha fatto contro il fascismo con gli scioperi del ’43/44. Lo ha fatto contro l’apartheid, boicottando le merci sudafricane. Lo ha fatto contro le guerre imperialiste, che oggi tornano ad essere una minaccia per tutte/i noi e lo sta facendo oggi, qui, in piazza, per Gaza.
Lavoratrici e lavoratori non sono spettatori, non sono soggetti passivi ma sanno essere protagonisti. Sono coscienza critica. Sono forza collettiva. Quando i governi tacciono, il mondo del lavoro parla. Quando la diplomazia si piega agli interessi, il sindacato si alza in piedi.
E oggi, dobbiamo dirlo con chiarezza: il governo italiano ha scelto la complicità.
Ha scelto di non condannare l’assedio.
Ha scelto di abbandonare i cittadini italiani a bordo della Flotilla e il diritto internazionale.
Ha scelto di continuare gli accordi militari e commerciali con Israele, ignorando le risoluzioni ONU, ignorando le denunce della Corte Penale Internazionale, ignorando la voce della società civile.
La politica internazionale balbetta, si nasconde dietro formule vuote, parla di “equilibrio” mentre i bambini muoiono sotto le bombe e di fame.
Ma non esiste equilibrio tra occupante e occupato. Non esiste neutralità davanti al genocidio.
E allora noi, oggi, diciamo basta. Basta con l’ambiguità. Basta con la diplomazia del profitto. Basta con l’ipocrisia.
Insieme al rilascio degli equipaggi della Global Sumud Flotilla chiediamo:
- La fine immediata dell’assedio a Gaza.
- L’immediato rilascio degli ostaggi e dei prigionieri politici
- Corridoi umanitari protetti e permanenti – tema sul quale a Genova si sta impegnando attivamente Music for Peace che ringraziamo –
- Il riconoscimento dello Stato di Palestina.
- La sospensione degli accordi militari e commerciali con Israele.
Compagne e compagni, la pace non si costruisce con le bombe, le logiche di guerra e con l’economia di guerra che già oggi ricade su tutte e tutti noi perché i soldi del riarmo europeo lo pagano i nostri servizi, a partire dalla sanità. La pace si costruisce con la solidarietà, con la giustizia, con il coraggio di dire la verità. E il movimento operaio ha sempre saputo da che parte stare: dalla parte della vita, della libertà, della dignità.