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La testa di Oloferne viene mozzata dal coltello di Giuditta, Artemisia Gentileschi ne ritrae il volto conferendone un’espressione decisa e quasi soddisfatta.

Nel quadro, vediamo il sangue scivolare copioso sul materasso e il tratto della pittrice è così realistico nella sua crudezza, che non possiamo evitare di restare attratti da quella che oggi potremmo chiamare la scena del crimine.

Si dice che Artemisia abbia dipinto “Giuditta che decapita Oloferne” per “vendicarsi” di uno stupro da lei subito dal suo maestro di pittura Tassi e che Oloferne gli assomigli molto…

Così una delle pittrici più straordinarie del ‘600, decide di dar sfogo al trauma che per sempre segnerà la sua vita.

Quando ho sentito la notizia della sentenza del tribunale di Bologna, quella che ha dimezzato la pena dell’autore dell’uccisione della sua compagna perché “soverchiato da una tempesta emotiva e passionale”, il mio pensiero è andato al quadro di Artemisia.

Persino il Tassi nel 1600 fu processato e condannato per stupro.

2019: un tribunale, non entità astratta, ma composto da uomini e donne presumo, decide che strangolare una persona conosciuta da un mese e già fatta oggetto di continue e pressanti prove di fedeltà, non valga una condanna all’ergastolo, neppure 30 anni, ma soltanto16.

E così, Michele Castaldo oggi 57enne quando ne avrà 73 potrà uscire di prigione.

Non so cosa attraversi la mente di professionisti della legge, per poter riesumare in un batter d’occhio il delitto d’onore (abolito solo nel 1981), una manciata di assurde e colpevoli giustificazioni ad un delitto che si chiama femminicidio, l’ultimo di una lunga lista senza fine. 91 negli ultimi 13 mesi.

Come lo dobbiamo dire quando un uomo uccide una donna e lo fa soprattutto quando lei decide di interrompere la relazione, non si deve mai parlare di raptus, tempesta emotiva, gelosia, troppo amore…

L’amore non c’entra per niente, la cultura patriarcale che vede nella donna una proprietà, annullandone desideri e autonomia, invece sì, c’entra eccome.

Gli attacchi alla libertà e all’autodeterminazione delle donne, son sempre più frequenti e vari.

Si sceglie di non intervenire nelle scuole con appositi programmi dedicati all’educazione all’affettività per prevenire gli episodi di violenza e discriminazione.

Una disattenzione continua e pervicace agli aspetti educativo e culturale, i soli ad avere l’incisività e il potere di cambiare la mentalità e il comportamento di chi un giorno dovrà instaurare una relazione basata sul reciproco rispetto.

è fondamentale partire dalla scuola e inserire nei programmi ministeriali l’educazione all’affettività, alle differenze, per sviluppare la capacità di stabilire una sana relazione, basata sulla libertà e non il possesso.

Invece abbiamo una scuola e uno stato che temono di dedicare spazio a queste tematiche, con posizioni retrive su una presunta “teoria gender” da temere.

Per non dire dell’omissione, nello studio della storia, delle molte figure femminili protagoniste di lotte e conquiste.

E ancora, si levano finanziamenti a quei centri antiviolenza che a fatica riescono ad essere un fattivo supporto alle donne che subiscono violenza e ai loro figli.

Non è un solo problema delle donne, anche gli uomini sono chiamati a levare un grido,una protesta che dia il segno di volersi affrancare da una cultura millenaria patriarcale, vincolante anche per la loro libera espressione affettiva e relazionale.

Ci vogliono pene giuste e leggi severe per contrastare il grave fenomeno della violenza degli uomini sulle donne, ma anche avere, come istituzioni, un progetto lungimirante di prevenzione e superamento degli stereotipi sessisti ancora pervasivi.

Ancora troppo presenti come dimostra il libro di scuola primaria, denunciato in rete, in cui la madre è colei che lava e cucina e il padre lavora e legge…

Lo stereotipo è la barriera alla conoscenza dell’altro e di se stessi, un fastidioso fardello che impedisce alle nostre menti e ai nostri corpi di aprirci con curiosità a possibilità diverse e non contemplabili se rimaniamo ancorati a vecchi retaggi.

L’educazione, la cultura, la formazione diventano, sempre più, gli strumenti essenziali per cambiare e migliorarci.

Una società non cambia se non investe nei giovani e nella loro naturale potenzialità a sovvertire le regole precostituite e a sollevare il velo dell’ipocrisia degli adulti.

Adulti non sempre capaci di dare il buon esempio.

Come quelli che vediamo percorrere chilometri, raggiungere paesi lontani per alimentare l’”industria” del turismo sessuale, che quasi sempre miete vittime giovanissime e povere.

L’otto marzo presso la camera del lavoro di Sanremo ne parleremo con l’autore del libro “Con il cuore coperto di neve” Silvestro Montanaro, giornalista d’inchiesta.

L’incontro è stato organizzato dalla Cgil Liguria e di Imperia in occasione della giornata internazionale della donna

Saranno parole dure da ascoltare, racconti intrisi di sofferenza adulta che mai vorremmo veder albergare in ragazzine che in un modo normale dovrebbero andare a scuola e ridere con le amiche, eppure abbiamo il dovere di sapere che molti, troppi uomini adulti, anziani non si fanno scrupolo di abusare di corpi bambini.

Non sarà prendendo le distanze che riusciremo a cambiare lo stato delle cose, ma soltanto guardandole in faccia con coraggio e sempre speranza.

Dobbiamo vigilare e lottare perché in questa parte del mondo e in altri, tutte le donne, le ragazze, le bambine possano vivere in libertà, in sicurezza, con dignità e il rispetto dovuti.

La rabbia, il dolore di Artemisia sono arrivati a noi, ma soprattutto la forza del suo talento e della sua arte, ci ricordano come sia possibile attraverso la cultura e la conoscenza riscattarsi da civiltà retrograde e destini di privazione.

Insieme, con intelligenza uomini e donne possono fare la loro rivoluzione.

Cristiana Ricci

Responsabile politiche di genere Cgil Liguria