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L’anno scorso di questi tempi i sindacati confederali siglavano con il Governo, il protocollo su salute e sicurezza, un’importante conquista  dentro alla crisi pandemica che ha affermato fondamentali principi sulla salute e la sicurezza in ambito lavorativo.

Allora speravamo di uscire presto dall’incubo del Covid e invece siamo ancora dentro l’emergenza e proprio nei giorni scorsi quel protocollo è stato aggiornato e ne è stato siglato un altro sulle vaccinazioni in azienda.

Si tratta di un doppio risultato importante anche alla luce della rigida posizione di gran parte delle associazioni datoriali che chiedevano venisse firmato solo il protocollo vaccini rimandando a dopo quello dell’aggiornamento del protocollo Covid.

L’accordo per la vaccinazione in azienda è l’esempio di come si possa ragionare in modo attivo sui bisogni, offrendo un contributo pratico importante che detta per tutti le stesse condizioni, rispetto ad un piano vaccinale che nel nostro paese non è partito in modo adeguato per molti motivi. Nel piano vaccinale nelle aziende è stata espressamente prevista che la possibilità di elaborare ed attuare tali piani venga subordinata a quanto previsto nel Piano nazionale elaborato dalla struttura commissariale e che quindi tenga conto delle precedenze per età e stato di salute e naturalmente della possibilità di avere i quantitativi di vaccini necessari, senza sottrarli a chi ha la precedenza.

Il virus ha prodotto morti colpendo gli affetti, gli amici e producendo effetti devastanti in campo sociale, economico, allargando le disuguaglianze ed evidenziando la fragilità del nostro paese, proprio a partire dal tema vaccini, sul quale anche il resto d’Europa ha certamente dei problemi; la pandemia ha anche messo in luce le differenze tra le regioni nella gestione della campagna vaccinale. Si è arrivati al punto di non utilizzare nel miglior modo possibile i quantitativi di vaccino a disposizione e in qualche territorio del paese si è arrivati a  creare “elenchi paralleli” di notabili che hanno ottenuto di vaccinarsi senza averne il diritto rispetto ai criteri individuati, mentre ancora c’erano gravi difficoltà a garantire la seconda dose di vaccino ai soggetti più deboli.

Il piano delle vaccinazioni deve garantire le persone e l’interesse collettivo a prescindere dalla regione in cui si vive o dall’azienda in cui si lavora.

Anche l’agenda economica è purtroppo determinata in buona parte dal virus, dalla capacità e velocità nel rendere efficace la campagna di vaccinazione, consentendo così di spezzare la catena dei contagi e di portarci fuori dalla fase pandemica.

Un altro tema che emerge sempre in relazione alla pandemia, determinato dai ritardi nelle disponibilità dei vaccini, è  la questione dei brevetti, della proprietà intellettuale e della presenza pubblica in relazione a queste materie. I vaccini vanno garantiti a tutti, non solo ai paesi che possono permetterseli economicamente ed è per questo che come Cgil assieme ad altri abbiamo chiesto la sospensione, anche in forma temporanea, proprio dei brevetti; ciò  consentirebbe realmente il reale diritto alla salute a livello globale perché dobbiamo uscire dalla crisi con un nuovo modello non solo economico, ma anche sociale, migliore per tutti.

 

Igor Magni è Segretario Generale Camera del Lavoro di Genova