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Kostas Georgakis: 50 anni dopo Genova ricorda il suo sacrificio

Traccia intervento Igor Magni Segretario Generale Camera del Lavoro Metropolitana di Genova in data 19 settembre 2020 in Piazza Matteotti a Genova

Buongiorno a tutte e tutti.

Consentitemi di cominciare ringraziando tutto il gruppo degli organizzatori, l’Anpi, Goodmorning Genova, la rivista La Città, Logos, Donatella Alfonso e Marcello Zinola, e tutti coloro che hanno deciso di essere qui oggi. 50 anni fa in questa piazza un giovane ragazzo greco si toglieva la vita per protestare contro la dittatura fascista che soffocava il suo paese. Ricordare Kostas oggi non solo è un dovere civico e morale, ma è anche estremamente necessario. Negazione della libertà personali, soprusi e sopraffazioni di ogni genere sono ben lontani dall’essere sconfitti. Così come le dittature nel mondo. La cronaca ce li ricorda ed elenca quotidianamente. E allora quella di oggi  non è una commemorazione fine a se stessa. E’ dire a noi stessi e ricordare al mondo che non c’è niente di più prezioso della libertà e della democrazia. E ricordando oggi Kostas ricordiamo tutti quanti le hanno avute a cuore e di come Genova sia stata storicamente protagonista delle lotte per la democrazia, il lavoro e i diritti. 10 anni dopo il tragico gesto di Kostas, sempre qui a Genova, un altro uomo perdeva la vita per amore della democrazia e rispetto della giustizia: il 24 gennaio 1979 le Brigate Rosse uccidevano l’operaio e sindacalista Guido Rossa. Eravamo alla fine degli anni settanta che troppo spesso sono ricordati solo per essere gli anni del terrorismo e molto più raramente come fucina di grandi idee, di impegno e passione, di conquiste civili, come le leggi sull’aborto e sul divorzio, la legge Basaglia sulla chiusura dei manicomi o, per parlare dei temi a noi più vicini lo Statuto dei Lavoratori.

Quando morì Kostas io dovevo ancora nascere, ma quando venne assassinato Rossa io avevo 8 anni, e ricordo ancora il clima dell’epoca seppur nella memoria di bambino. Abitavo a Cornigliano tra i fumi di quell’acciaieria che dava lavoro a migliaia di persone e anche a mio padre, operaio del reparto ossigeno dell’Italsider. Ricordo la paura, il clima di terrore, la preoccupazione sul volto dei miei genitori, la radio sempre accesa in cucina per sentire le ultime notizie, mio nonno pensionato ansaldino con l’unità in tasca, quasi sgomento. Ricordo la rabbia per quello che era successo e anche l’orgoglio di quei momenti, percepivo e ricordo ancora oggi un clima di angoscia e penso che Kostas Georgakis nella sua consapevolezza di giovane uomo provasse allora nella sua vicenda il senso di angoscia, di disperazione e rabbia per la sua Grecia sotto l’oblio di una dittatura fascista, la paura per la sua famiglia in patria, che sapeva a rischio di rappresaglia a causa delle sue posizioni contro i colonnelli e cos, in questo clima maturò in lui la scelta del suo sacrificio, così eclatante, così forte e disperato, come il suo grido tra le fiamme” “Viva la Grecia”, “Abbasso i tiranni”, “Abbasso i colonnelli fascisti” un urlo al mondo per svegliarlo dal torpore dal quale Kostas voleva destarlo per salvare la propria Nazione.

Il mondo del lavoro non si è mai tirato indietro e lo ha dimostrato nei momenti più difficili. Nel 1900 quando il Prefetto decise di chiudere la Camera del Lavoro, la città si sollevò in uno sciopero generale che provocò la caduta del Governo, ma penso anche agli scioperi del 1943-45 in opposizione al fascismo. Durante la lotta di resistenza partigiana che portò alla Liberazione;  accadde ancora il 30 giugno del ‘60 con lo sciopero proclamato dalla Camera del lavoro di Genova contro l’effettuazione del congresso neofascista al Teatro Margherita, mobilitazione che portò alla caduta del governo Tambroni e ancora le mobilitazioni degli anni 60/70 per i diritti del lavoro, civili, per la pace nel mondo e contro le tirannie.

La storia del movimento operaio è intrisa di partecipazione e azioni a tutela della libertà e della democrazia, mobilitazioni che hanno cambiato la storia del nostro Paese contribuendo alla stesura della nostra Carta Costituzionale che ancora oggi illumina il nostro cammino. Quando fu approvata la legge 300 del 70, meglio conosciuta come Statuto dei lavoratori, si disse che la Costituzioni era finalmente entrata in fabbrica. Con lo Statuto, che ha cambiato i rapporti di forza all’interno dei luoghi di lavoro, la dignità del lavoro è entrata in fabbrica e tutto ciò è stato possibile grazie a tante persone che lo hanno creduto possibile, che hanno lottato per la democrazia, per i valori della giustizia, della libertà, dell’uguaglianza in Italia e nel mondo.

Oggi certamente siamo in una condizione diversa, difficile da affrontare. Soprattutto nell’ultimo decennio la crisi economica ha spinto lavoratrici e lavoratori sempre più precari, atipici, insicuri a chiudersi in se stessi. Nel tempo si sono ridimensionate le grandi concentrazioni operaie, brodo di coltura di ideali condivisi ispirati ai principi della solidarietà, è cambiata la composizione della politica e la parcellizzazione del lavoro ha prodotto inevitabilmente maggior individualismo e le disuguaglianze sono sempre più marcate: sono aumentate le divisioni tra nord e sud, tra uomini e donne, giovani e anziani, italiani e immigrati. Ma nei posti di lavoro c’è anche solidarietà e attenzione a questi problemi, non solo filosoficamente ma anche praticamente e sempre da quel mondo del lavoro può e deve nascere un cambiamento, una nuova consapevolezza che torni a mettere al centro l’essere umano ed i suoi diritti ovunque nel mondo, perché divisi non si va da nessuna parte.

Ecco perché è importante conoscere la storia e trasmettere la memoria: la conoscenza di quello che è stato serve per comprendere da dove veniamo, per cercare di evitare che alcune pagine drammatiche del nostro passato possano ripetersi e anche per capire come importanti e fondamentali pagine della nostra storia siano state scritte da persone normali, donne e uomini che non hanno esitato a fare la cosa giusta quando hanno dovuto scegliere, magari mettendo a repentaglio la propria vita.

Oggi ricordiamo un fatto drammatico: un giovane uomo che nel cuore della notte decide di darsi fuoco per protesta. Sono passati 50 anni, ma non si può non provare dolore nel ricordare quello che è stato. Il nostro dovere oggi è quello di non lasciare che fatti come questo cadano nell’oblio e nello stesso tempo dobbiamo adoperarci affinchè gli ideali di giustizia e libertà ai quali tendeva Kostas siano difesi ed estesi a chi non li ha. La violenza, giustamente odiata da Kostas, è la stessa che oggi colpisce i popoli senza democrazia, le persone senza diritti, quelle colpite dalla guerra, è quella che perpetrata sui più deboli, sulle minoranze, sui migranti in cerca di un futuro. Anche i morti sul lavoro sono violenza, il bullismo è violenza, le brutture su donne e bambini sono violenza, l’omofobia è violenza, il razzismo è violenza.

Quello che possiamo fare noi, singolarmente e collettivamente, è coltivare la memoria e tendere, nell’agire quotidiano, a migliorare la nostra società lavorando giorno per giorno, per unire laddove si vuole dividere, per i diritti di donne e uomini,  per il lavoro e la sua dignità, per l’accoglienza, l’integrazione, per la difesa della democrazia e della nostra Costituzione che è stata definita ed è “la più bella del mondo”, ed è per questo che il drammatico gesto di Kostas Georgakis oggi è ancora così forte ed è per questo che serve ricordare il suo sacrificio.