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Giovani, disoccupati, precari e donne: ecco chi ha pagato di più la crisi del lavoro ed il peso della pandemia. Ma nella Legge di bilancio e nel Piano di Resilienza quanto c’è realmente dedicato a loro e quanto si tramuterà realmente in lavoro vero? Servono provvedimenti sociali contro le disuguaglianze. Il mondo del lavoro è completamente mutato a causa di trasformazioni tecnologiche, demografiche ed assetti globali. C’è bisogno di una sostenibilità sociale per quei giovani e meno giovani che oggi hanno bisogno di lavorare e domani di una pensione dignitosa. Ecco perché stiamo chiedendo la pensione di garanzia per i giovani e per tutte le persone che hanno una carriera di lavori discontinui che andrebbe a valorizzare i periodi senza copertura contributiva cercando di evitare il livello di povertà anche per chi in realtà ha lavorato una vita. L’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ci ricorda che in Italia, il salario medio annuale è diminuito del 3 percento in 30 anni, mentre nello stesso periodo in Germania è salito del 34% e in Francia del 31% e perfino in Grecia e Spagna il trend è perlomeno positivo. In questo quadro discutere di pensione non è qualcosa di vecchio, e non può essere visto come qualcosa di cui “meglio non parlare perché intanto non lo raggiungerò mai”. E’ un banco di prova indispensabile per rendere sostenibile il lavoro stesso. Dobbiamo invertire la narrazione che descrive la nostra Organizzazione attenta solo ai pensionati e ai lavoratori garantiti e lontano da giovani, precari e disoccupati. E’ un racconto che non guarda i contenuti perché parlare di questi temi è più attuale che mai e pretenderli è il modo migliore per occuparsene. Certo è difficile parlare di giovani in generale, più difficile ancora nel nostro territorio con le sue caratteristiche. Non si riesce neanche più ad avere una definizione della fascia d’età per essere definiti giovani, prima 29 anni, poi 35 ora in alcuni territori 40 anni. Nella nostra città abbiamo una spaccatura in due nella popolazione giovanile tra sovra qualificati (pensiamo a tutti i laureati che o sono costretti a uscire dal territorio) e dall’altra parte sotto qualificati. Davanti a un tasso di disoccupazione giovanile territoriale che da tempo non scende sotto il 30 per cento, il trend degli inoccupati, già precedentemente preoccupante, anche a causa della pandemia è in continua ascesa. E qui vi è il rischio di relegare allo status di sottoqualificati una parte importante dei giovani senza specializzazione né formativa né professionale. Questo in combinato con un mercato del lavoro che ha esasperato la frammentazione e la flessibilità solo con lo scopo di velocizzare e semplificare i rapporti individuali cercando di ridimensionare sempre di più la collettività e la contrattazione. Uguaglianza e parità di accesso alla conoscenza e al lavoro  da parte dei soggetti più deboli e precari del mercato del lavoro è una partita ancora tutta da giocare. In uno spaccato economico e sociale come quello di oggi pretendere ciò è alzare l’asticella nella difesa dei diritti e nella tutela individuale e collettiva dei più deboli.
 
Emanuela Traverso Cgil Genova