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Elena Bruzzese Segretaria Generale Camera del Lavoro di Genova all’Assemblea dal titolo “Lavoro, confronto, coesione” organizzata per l’8 marzo 2021.

Bozza non corretta

Buongiorno a tutte e buongiorno a tutti e ben trovate in questa prima assemblea unitaria delle delegate della Camera del Lavoro di Genova, di Cisl e Uil.

Oggi 8 marzo e’ la giornata internazionale della donna e le cronache sono piene di statistiche, di numeri terribili sia per quanto riguarda il lavoro sia per quanto riguarda la violenza numeri non degni di un Paese civile.

Partendo dai  numeri della violenza contro le donne.. I femminicidi! Che riconosciuti o no, scandiscono la nostra quotidianità vediamo come in Italia le donne continuano ad essere uccise al ritmo di una ogni 3 giorni.

La violenza contro le donne e’ una realtà, un’emergenza sociale e i lunghi mesi del lockdown hanno allungato la pagina nera dei femminicidi, e oggi in questa giornata non possiamo non ricordare Clara perché come è normale che sia, quello che è accaduto nella nostra città ci ha toccato ancora più da vicino.

La violenza di genere ha assunto delle proporzioni veramente drammatiche, che impongono alla società, alle famiglie e alla scuola, delle riflessioni.

Come Organizzazioni sindacali siamo impegnate ognuna con le proprie modalità su questa tematica, ad esempio come Cgil, in Camera del Lavoro ospitiamo il centro antiviolenza Pandora, il centro per non subire violenza onlus e  il centro White Dove che è il centro di ascolto e sostegno per gli uomini autori della violenza nelle relazioni affettive.

Ma a livello unitario facciamo parte di una rete che sul  territorio si occupa dei temi delle politiche di genere, dalla maternità, al lavoro, alla violenza, insieme all’Università di Genova, all’Udi, a Se Non Ora Quando e tanti altri, e infatti proprio per l’importanza della cultura nella prevenzione abbiamo organizzato da pochi mesi un laboratorio in Università di Genova dal titolo “ALLEANZA TRA I GENERI: conoscere e prevenire la violenza nelle relazioni tra i generi” ch ci ha dato l’opportunità di interagire con tanti e tante studentesse.

Infatti riteniamo  che si potrà porre fine a questa emergenza solo con una vera e propria rivoluzione culturale partendo proprio dai banchi di scuola.

Ma di tutto questo ne parlerà la nostra ospite, l’Avvocato Alessandra Volpe che già ringrazio per la sua partecipazione alla nostra assemblea.

Riteniamo che sia indispensabile il rispetto e il riconoscimento.

Ma i pregiudizi e le discriminazioni nei confronti delle donne favoriscono questo non riconoscimento.

Dicevo all’inizio che oggi è la giornata dei dati e delle statistiche riferiti alle donne e i dati Eurostat ci dicono che l’Italia non è un Paese sufficientemente attrezzato per la promozione delle donne;  l’occupazione femminile è un’emergenza lo confermano anche gli ultimi dati Istat  che registrano la perdita a dicembre di 101 mila posti lavoro, 99 mila dei quali erano occupati da donne.

Il Covid ha semplicemente amplificato e dimostrato le diseguaglianze esistenti, e diventa evidente una cosa che già sapevamo, e che non è mai stato al centro dell’attenzione, vale a dire che il lavoro femminile è più precario, a termine e spesso piu’ marginale e marginalizzato e tutto questo è anche l’effetto di una logica ripetuta nel tempo, di incentivi senza condizionalità e non innovazione e cambiamento del mercato del lavoro.

Eppure le donne sono state in prima fila durante il lockdown, negli ospedali, nei supermercati, nelle cucine, nell’agroalimentare, nelle Rsa a garantire sopravvivenza e alimentazione per tutti, ma proprio le donne rischiano di pagare il prezzo più alto di questa crisi stiamo parlando di una debolezza che tarpa le ali allo sviluppo del Paese l’aumento dell’occupazione femminile è infatti un interesse pubblico determina un impatto positivo più che proporzionale sull’economia perché comporta aumento dei consumi, della domanda di servizi e di altra occupazione femminile, e della natalità la prima grande priorità è dunque promuovere l’occupazione femminile e farne un volano di crescita sostenibile.

Abbiamo visto nel lockdown la straordinarietà del cambiamento del lavoro determinato dallo smartworking  ma molte indagini evidenziano una percezione opposta tra donne e uomini per le donne si è rivelato un sistema faticoso di conciliazione, per molti uomini una esperienza positiva.

È stato definito da più parti smarworking anche se sappiamo che questa definizione non sempre corrisponde a quello che davvero dovrebbe essere il lavoro agile.

Un lavoro per obiettivi svolto in tempi decisi dal lavoratore e dalla lavoratrice, in autonomia con diritto alla disconnessione.

La chiusura delle scuole poi, ha gravato enormemente sulla gestione dei tempi e sull’incremento del lavoro di cura svolto prevalentemente dalle lavoratrici, che hanno dovuto  conciliare il lavoro professionale, la cura della casa, l’assistenza ai figli nel seguire le lezioni a distanza.

Un ulteriore rischio individuato è l’isolamento.

L’assenza fisica dal luogo di lavoro la lontananza dai colleghi potrebbe generare forme di emarginazione e determinare anche assenza di avanzamenti di carriera, problematica già evidente per le donne con il famigerato “tetto di cristallo”.

Inoltre la lontananza fisica dal posto di lavoro rende il lavoratore in smartworking lontano da dove nascono le rivendicazioni di natura collettiva che hanno sempre costituito la vera forza di lavoratori e lavoratrici.

Noi riteniamo che lo smartworking possa essere un’opportunità ma solo se regolarmente contrattato, sia per i lavoratori sia per le lavoratrici, e per queste ultime sarà necessario vigilare affinchè non diventi una trappola per le stesse.

 

Le risorse dell’Europa saranno ingenti e dovranno servire per rivoluzionare l’attuale sistema sociale e produttivo ancora troppo a sfavore delle donne. Alle nuove generazioni dobbiamo garantire una visione nuova che valorizzi le persone e non il genere di appartenenza.

 

Ci vogliono proposte concrete che siano  più efficaci di qualche incentivo: ad esempio una norma che impedisca il part time involontario, ormai gabbia soprattutto per le donne, o ancora, dare attuazione ad un diritto che è quello dei bambini e delle bambine ai servizi educativi 0-6 che trascinerebbe con sé altri diritti, a partire da quello delle donne al lavoro, infatti un rapporto della Fondazione Openpolis del 2019 mostrava la relazione tra la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e l’estensione dei servizi per la prima infanzia; nelle regioni in cui la presenza di asili nido e servizi integrativi per l’infanzia supera il 33%, il tasso di occupazione femminile supera il 60%.

 

Investire quindi risorse sui servizi educativi permetterebbe un’ulteriore sferzata all’occupazione femminile, così come l’introduzione della paternità obbligatoria che consentirebbe una pari distribuzione dei carichi di cura all’interno della famiglia. E ancora un sistema di Welfare efficiente che riconosca il diritto alla dignità agli anziani, non autosufficienti, disabili.

 

Noi siamo organizzazioni sindacali, la nostra parola d’ordine è la contrattazione.

La contrattazione è il nostro terreno è lo strumento principale, quello con cui si conquistano diritti e si incide a livello di organizzazione del lavoro.

C’è un tema centrale che è il tempo!

Lì avviene la discriminazione rispetto agli uomini, che si concretizza nell’impossibilità di essere sempre disponibili a tutto: a trasferimenti lavorativi, a straordinari, a partecipare ai corsi di formazione fuori orario di lavoro.

Parlare di contrattazione di genere significa prendere atto delle differenze che oggettivamente esistono tra uomini e donne ed assumere le politiche di genere all’interno delle politiche più generali e ricomprendere la differenza come valore. Le donne devono essere presenti nei ruoli di comando, dove si assumono le decisioni, devono poter partecipare alle scelte decisionali al pari degli uomini perché molte decisioni assunte nelle “stanze dei bottoni” riguardano tutta la società e quindi anche le donne e la loro vita. Le scelte politiche non sono neutre per definizione ed è partendo da questo assunto che bisogna rivoluzionare le agende politiche non solo nazionali, ma anche europee.

E’ una occasione da non perdere, soprattutto per quei giovani ai quali l’Europa guarda con grande speranza.